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l' Attesa

 

Mise in ordine tutto. Cambiò il letto e spazzò per terra. Era nello sgabuzzino sul corridoi quando dalle scale di emergenza arrivarono due ragazze delle pulizie.

Presero il carrello con la biancheria e sparirono inghiottite dall’ ascensore.
Rientrò nella stanza un po’ turbata. Si era completamente dimenticata della storia degli slip. Era inquieta. Aveva un senso di pesantezza  e di irrisolto. Si concentrò sul lavoro che aveva da fare.
Prese il polistirolo e si sedette sul tavolo. Cominciò a tracciare linee aiutandosi con un righello. Stava venendo bene, con il pennarello sottile il lavoro veniva proprio bene. Sembrava un opera d’arte. Nel silenzio più assoluto con la mente sgombra da ogni pensiero continuava a tracciare linee. Era una situazione quasi surreale. Inserire gli stuzzicadenti non era affatto semplice. Doveva trovare qualcosa che gli fungesse da martello. Si guardò intorno, frugò negli armadi. Vide la spazzola … si quella poteva andare bene ma,  aveva una repulsione fortissima a toccarla. Quel manico affusolato decisamente fallico con cui aveva avuto a che fare, le creava un disagio profondo. Le hagoita e le racchette erano troppo grosse. Richiuse l’ armadio e vi si appoggiò di spalle come a voler tenere tutti quegli oggetti fuori dalla sua vita. Si guardò attorno. Cercò disperatamente con lo sguardo qualcosa che gli andasse bene. Vide il termometro di perle  attaccato all’ asta cromata della lampada.  Il segno rosso era rassicuratamente distante. Fece un respiro profondo. Tornò nello sgabuzzino sul corridoio vicino all’ ascensore. Detersivi, scope, contenitori di plastica, ceste per la biancheria, un bicchiere da whisky scheggiato. Chissà come era finito lì. Lo guardò attentamente aveva il fondo piatto e molto spesso. Si poteva andare bene era anche abbastanza pesante. Tornò in camera e ricominciò a lavorare. Si andava benissimo. Gli stuzzicadenti appuntiti penetravano facilmente nel polistirolo ed essendo praticamente della stessa lunghezza venivano completamente inghiottiti dalla lastra. Diventavano invisibili. Il cervello che fino a quel momento aveva lasciato in riposo,  cominciò piano piano a ristabilire le connessioni. Che cazzo era quello che stava facendo?
Prese la lastra e la guardò di profilo. Non si vedeva niente i pochi stecchini che aveva inserito erano spariti. Le vennero in mente le mine nel terreno. Aumentò i battiti cardiaci. Cosa poteva essere? Era inquieta. Si alzò e fece un giro per la stanza avanti indietro senza meta solo per smaltire il grande nervosismo. Squillò il telefono.

Agganciò e fece un numero di 2 cifre

Dopo qualche minuto bussò alla porta. Appena entrò gli butto le braccia al collo e scoppiò a piangere a dirotto. Tra i singulti capì solo che l’ avevano licenziata.

Mitsuki scoppiò a piangere anche lei e cominciò a dare dei piccoli pugni sulla spalla di Yuko.

Come fossero una persona sola si inginocchiarono sul pavimento e si abbracciarono piangendo. Dondolavano avanti indietro come a cullarsi a vicenda.

Rimasero abbracciate per qualche minuto senza dire niente.

Si alzarono e andarono verso il tavolo.

Si misero a lavorare di buona lena una da un lato e l’altra dall’ altro.

Non fece in tempo a finire la frase che una perla cadde rimbalzando sul pavimento.

Si era messa carponi sul pavimento.

Si risedettero sul tavolo.
Yuko non ce la faceva a tenere a freno la curiosità.

Dopo una ventina di minuti ritornò con un carrello pieno di roba.

Prese un vassoio e lo posò in terra poi ci si inginocchiò davanti.  Yuko prese anche lei un vassoio ma si appoggiò sul tavolinetto davanti al divano. Cominciarono a mangiare. C’era un grande silenzio. Un pesante silenzio di incomprensione. Yuko  resistette solo qualche minuto poi prese il vassoio e lo posò in terra davanti al suo e si inginocchiò di rimpetto.

Stava per dire  “ MIO ” ma si trattenne non ce la fece a pronunciare quella parola. Abbassò la testa e si concentrò sul riso bollito.

Si ammutolì anche lei. Forse aveva detto troppo in fretta quelle parole. Forse invece era proprio quello che voleva. Doveva confessare a lei stessa che invidiava terribilmente Mitsuki.  La vedeva felice e lei invece non lo era.

Scosse le spalle e non rispose. Cominciò a riordinare il carrello. Yuko si sedette sul divano e accese la TV.

Rimase ammutolita, quella risposta seria a quella domanda ironica la sconvolse. Senza rendersene conto spense la TV e nella stanza calò di nuovo il silenzio. Rimase pensierosa con il telecomando in mano. Non riusciva a dire niente. Posò il telecomando sopra una mensola e andò nell’ angolo tra la parete della finestra e quella del divano. Aveva la bocca secca si umettò le labbra e deglutì. Senza che le venisse suggerito, si inginocchiò faccia al muro.

Appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi. Stava cominciando a capire quello che era successo a Mitsuki. Lo stava aspettando. Ora lei stava esclusivamente aspettando Lui. Non faceva qualcosa di altro, non stava guardando la Tv . Il cuore aveva aumentato i battiti. Stava prendendo coscienza. Quella meditazione forzata la stava facendo entrare in una dimensione nuova. Stava immaginando l’ incontro. Cercava di immaginare cosa le avrebbe detto. Stava per incontrarsi con uno dei personaggi più famosi e più belli del jet set e avrebbero parlato di lei. E …  se le avesse chiesto di sculacciarla? Cosa avrebbe fatto?  D’altra parte a Mitsuki lo aveva chiesto. Doveva aver smosso anche qualche ormone perché, cominciava a sentire un inequivocabile pulsazione tra le gambe. Scrollò la testa e si alzò in piedi. Si voltò verso la stanza vuota. Pensò ad un incontro normale  tra persone normali. Pensò che le avrebbe chiesto scusa e le avrebbe chiesto di intercedere per lei verso il direttore. Se l’ aiutava bene altrimenti se ne sarebbe andata. Mica era una bambina. Si appoggiò con la schiena al muro e si impose di non pensare a niente. Ma era impossibile in quel silenzio non pensare a niente. Era più bello prima. Si voltò faccia al muro e si inginocchiò di nuovo. Mitsuki tardava a rientrare chissà cosa stava facendo. Le facevano un po’ male le ginocchia ci sarebbe voluto un cuscino. Si sedette sui talloni, si era molto meglio, chissà se Mitsuki avesse approvato. Non c’erano cuscini sul divano. Sarebbe bastato anche quel pezzo di polistirol … Immediatamente come un raggio di luce che entra in una stanza buia capì. Si alzò di scatto andò verso  il tavolo e fece una piccola pressione con la mano sul polistirolo. Sgomenta ritornò verso la parete. Era meglio senza. Si inginocchiò di nuovo. Decisamente era molto meglio senza polistirolo. La porta si aprì senza preavviso.

Yuko  rimase in silenzio e non disse niente. Mitsuki intuì che doveva essere successo qualcosa nella  sua mente e anche lei per pudore non disse più niente.  Si mise a sgomberare il tavolo. Mise nel cassetto tutta la minuteria riportò in bagno il contenitore dei sali, riportò il bicchiere nello sgabuzzino. Lasciò sul tavolo solo la lastra di polistirolo.
Doveva dirglielo? Era meglio dirglielo o doveva stare zitta? Lei cosa avrebbe voluto che facesse nei suoi panni? Avrebbe preferito saperlo o no? La prese alla larga.

Prese un quaderno lo appoggiò sul tavolinetto basso del divano e cominciò a scrivere.