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La collana


 

Mentre era al bar a preparare la colazione la raggiunse Yuko.

Come faceva a dirgli che si sentiva come una pezza da piedi e che l’ aveva prezzata come un pezzo di manzo sul bancone del macellaio. Mentì o meglio cambiò discorso.

Rimase silenziosa in qualche misura avevano ragione. Di sicuro non era brava.

La porta dell’ ascensore si richiuse prima che Yuko potesse aggiungere altro.
Corse verso il suo posto di lavoro e cominciò a prendere in visione tutti i foglietti relativi alle sveglie da fare e alle varie richieste dei clienti. Non riusciva a concentrarsi. Pensava ossessivamente a quella valigia. Oggetti e vestiti erotici. Un formicolio al basso ventre cominciò ad impossessarsi di lei. Era sola e non poteva andare al bagno. Oggetti erotici. Doveva assolutamente vederli. Vestiti erotici oh! Mamasan  doveva assolutamente vederli. Un cliente che si avvicinò al bancone interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Dopo circa mezz’ora ricevette una telefonata proveniente dalla suite.

Stupida cazzina pensò agganciando il telefono con un po’ troppo vigore.

Pensò che forse era meglio non dire che aveva già mangiato qualcosa  mentre era al bar. Prese il carrello e si inginocchiò a terra al lato del letto.
Lui la osservava con curiosità. Trovava piacere nell’ osservare i suoi comportamenti spontanei.
Senza porsi il minimo problema prese la tazza che aveva adoperato lui e la usò per versarci del tè. Con gesto meccanico prese la seconda vaschetta di burro e fece per aprirla ma si fermò immediatamente. Aveva, come le era stato ordinato preso due vaschette ma se, se lo mangiava lei poi non ne rimaneva più  per … Incrociarono gli sguardi. Non avevano detto una parola ma si capirono subito senza equivoci.

Ci fu qualche minuto di silenzio ma non era un silenzio naturale. Era un silenzio carico di tensione di cose non dette.

Nonostante  il traffico di Tokio ce la mettesse tutta a non farli avanzare, riuscirono ad arrivare all’ autodromo in tempo per il briefing mattutino.  Fu accolto con grande simpatia e manifestazioni d’ affetto, il team- manager prese personalmente la carrozzella e lo spinse dentro  la sala riunioni. Prima che la porta si richiudesse riuscì a dire.

La porta si chiuse e lei e Takeo rimasero fuori esattamente come l’ altra volta. Si guardarono interrogativi poi Takeo disse.

Quella domanda la colse alla sprovvista,  rifletté un attimo, cercava di dare una risposta anche a se stessa. Aveva il culo gonfio e tumefatto dalle frustate ma non riusciva a pensare di essere stata trattata male. Stava per blaterare qualcosa ma la porta si aprì ed un meccanico con una vistosa tuta bianca e rossa si affacciò sulla soglia.

C’era un silenzio imbarazzante dentro all’ abitacolo. Forse aveva fatto male a salire davanti.

Era stata talmente convincente che Takeo non disse più una parola per tutto il resto del tragitto.
Alle 16,30 erano già fuori dai box ad aspettarlo. Mitsuki questa volta era salita dietro ed aveva accanto a se una serie di pacchetti. Aspettarono per più di 15 minuti. Poi videro le saracinesche dei box aprirsi. Entrambi scesero e si diressero verso le persone che stavano uscendo.
La macchina ripartì  silenziosamente, in completa opposizione ai rombi  che provenivano da un box adiacente.

Suki aprì un elegante astuccio di pelle nera e mostrò un elegante girocollo di 31 perle.

Era  un tubo di plastica con un tappo rosso a forma di gancio con dentro delle caramelle colorate.

Schiacciò il pulsante dell’ interfono e parlo in giapponese con Takeo. Si fermarono davanti ad una pasticceria. Girarono per il negozio ma non riuscirono a trovare un tubo più piccolo. Ce ne erano a decine con i più svariati contenuti ma la forma era sempre uguale.

Uscirono quasi subito. Non ce l’ aveva proprio. Era sempre più preoccupatamente arrabbiato. Suki non diceva una parola. Mentre lui diceva delle parolacce in italiano.

Molto preoccupata da quelle parole con un fil di voce comunicò a Takeo la nuova destinazione.
Il gioielliere li accolse con grande entusiasmo. Alla fine trovarono un collier di 27 perle tutte uguali di circa 8 mm di spessore. Costava molto di più dell’ altro e il gioielliere non fece nessuna difficoltà a  fare il cambio.
Girarono per la città per quasi un ora senza trovare niente che andasse bene. Alla fine molto innervosito diede l’ ordine di rientrare.

Suki lo tirò fuori da un sacchetto di plastica e glielo mostrò.

Arrivarono in albergo che era quasi ora di cena. Takeo la aiuto a sistemarlo sulla carrozzina poi andò  direttamente in garage lasciandoli sul marciapiede da soli.

Suki fece una curva repentina e spinse la carrozzina verso l’ingresso principale.
Dopo aver dato una occhiata frettolosa al corriere della sera del giorno precedente, si stancò di leggere.

La cameriera che li accolse era molto carina si chiamava Akane  e li accompagnò ad un tavolo vuoto. Era stata una compagna di corso di Mitsuki e si salutarono con un sorriso.

Senza dire una parola gelata da quella scortesia, fece un inchino e se ne andò lasciandolo solo. Entrò in cucina e si mise a sedere su uno dei tavoli dove mangiava il personale di servizio. Si era messa in un angolo perché dall’ altra parte aveva visto Takeo che stava mangiando, insieme ad un altro collega e non voleva essere costretta a sostenere una conversazione. Man mano che si sparse la voce vide le aiuto cuoche  e le cameriere che pian piano con una scusa una dopo l’altra, a piccoli passi  si affacciarono dalla porta a vetri a guardarlo. Akane  lo aveva fatto sedere ad un tavolo proprio di fronte alla porta. Sicuramente lo aveva fatto a posta perché quando rientrò con l’ordinazione,  disse saltellando di gioia ad alta voce. Ragazze venite a vedere stasera chi c’è. Il capocuoco si arrabbiò e le richiamò all’ordine,  ma non riuscì a tenerle ferme.  Non perdevano nessuna occasione per dare una sbirciata. Avrebbe voluto scomparire si appiattì nell’ angolo e cominciò a mangiare. Fortunatamente Takeo  e Kazuki  avevano finito di mangiare e se ne erano andati senza vederla. C’era ad un tavolo vicino del personale di una impresa di pulizie, ma non li conosceva e quindi si rilassò. Sentì una cameriera che rientrando con dei piatti sporchi in mano disse: 

Finì di mangiare in fretta e se ne andò subito. Uscì dal retro direttamente sulla strada, dalla porta dei fornitori, perché non voleva passare davanti ad  Akane ed essere riconosciuta. Rientrò nella hall e si mise ad aspettare. Ogni tanto dava un occhiata dentro per vedere se aveva finito di mangiare .  Akane  si era piazzata dietro di lui e lo serviva come fosse una cameriera personale.  Era furiosa avrebbe voluto picchiarla … quello era il suo ruolo. Deglutì e ritornò nella hall, faceva avanti e indietro, non poteva sedersi  era proibito al personale di servizio sedersi nella hall. La fermò il direttore .

Akane  aveva preso per lo schienale la carrozzella e la spingeva verso la hall.
Suki si precipitò dentro e la fermò.

Akane avrebbe voluto accompagnarlo e non riconoscendo l’ autorità di Mitsuki lo guardò per avere una conferma. Lui fece un cenno con la mano e la ringraziò in inglese.
Le due ragazze che prima si erano sorrise  adesso si guardavano come due tigri pronte alla lotta. Suki  ruppe quei momenti di tensione.  Prese la carrozzella con autorità e la spinse verso l’ ascensore. Aveva ristabilito l’ordine naturale delle cose. Aveva marcato il suo territorio.
Il “ servizio in camera”  lo faceva “ lei! ”.
Arrivati in camera trovò sopra al tavolo i pacchetti che Takeo aveva fatto portare su da un fattorino.
Mentre lui faceva un po’ di zapping con i canali della Tv, lei cominciò a metter a posto la roba. Aveva comperato anche gli assorbenti interni e due paia di mutandine tipo tanga.

Il direttore se ne andò furioso. Un furto nel suo albergo era semplicemente intollerabile. Inoltre pensava alla lettera  che  amministratore delegato gli aveva scritto personalmente.  Aveva rassicurato il cliente e avrebbe fatto personalmente le indagini. Avrebbe licenziato in tronco i responsabili.
Suki spense  l’ultima luce alle 23.20 poi si coricò ai piedi del letto sopra al suo futon.