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Il ritorno a casa

 

Capitolo 13

Il taxi la scaricò proprio davanti alla porta di casa.
Sentiva il rumore della televisione. Chiamò

Disse con un sorriso radioso accogliendo la figlia.

Si inginocchiarono sulle stuoie della cucina

Rimase perplessa da quella considerazione.

Disse facendo un inchino fino a toccare  la stuoia con la fronte.

Uscì dal piccolo giardino ed entrò in quello confinante. Busso discretamente e rimase in attesa.

 

Si inginocchiarono una di fronte all’altra in e in mezzo il pentolone di ferro con l’ acqua bollente.
La vecchia cominciò ad armeggiare con le tazze.

 

Le porse la tazza di te fumante

 

Rimase muta pensierosa  li aveva pensati sempre con le foglie attaccate  non aveva pensato … le era sembrata una richiesta originale ma  non ci aveva fatto mente locale ma certo … o sacro Fuji sicuro.
adesso aveva avuto la rivelazione.
La vecchia era rimasta  a guardala con aria interrogativa.
Fini di sorseggiare il te poi disse.

Balbettò imbarazzata

Rimase qualche minuto a pensare. La vecchia la guardava con un sorriso benevolo, intuiva il suo tormento.

Sul retro della casa c’era un ripostiglio con tutti gli attrezzi di giardinaggio.

Mitsuki prese la piccola scala , le cesoie  e cominciò a tagliare.

Disse piuttosto preoccupata.

Rientrarono  in casa e si inginocchiarono vicino alla finestra .

Raccolsero le foglie in una grande cesta.

Si alzò ed andò verso un piccolo mobile  tirò fuori un cestino da lavoro e si rimise in ginocchio davanti a Mitsuki

Mitsuki fece il fiocco e glielo mostrò.

Disse facendolo sul suo mazzo.

Prese le cesoie  e tagliò tutte le punte fino a farle diventare tutte uguali.

Allineò in terra i due mazzetti.

Guardava attentamente per scegliere la regina. Poi guardò verso la vecchia come a chiedere un consiglio.

Continuava a guardare perplessa quei rametti che adesso non sembravano più tanto innocui.

La ragazza lo raccolse e lo guardò intensamente. Se lo strinse al petto ed abbassò la testa a mani giunte come se pregasse.

Si fermò a riflettere

Fasciò il manico con passaggi incrociati  fece il cappio per appenderlo e fini con un nodo molto stretto

Confezionò, sotto la supervisione della vecchia il terzo mazzo senza troppi problemi.

Tirò fuori un rotolo di carta colorata  e  avvolse tutte le verghe fino a farle diventare un pacchetto anonimo.
Mentre si rimetteva le scarpe sulla soglia disse.

Rise con le mani davanti alla bocca per mascherare un po’ di imbarazzo.

Rise ancora più imbarazzata di prima e scosse la testa.

Rideva e si copriva il viso per mascherare l’ imbarazzo.

Disse uscendo dal patio

Ritornò a casa che era ancora giorno ma il sole ormai era tramontato.  Era felice di quell’ incontro mai aveva immaginato quella vecchietta in atteggiamenti intimi.

Non disse niente continuò a preparare il riso.

Disse baciandola ripetutamente sul viso.

 

Disse con evidente imbarazzo.

 

E gli raccontò come lui la pensasse riguardo a questa cosa. E come aveva lasciato a lei la gestione della sua verginità. Emise volontariamente di dire che però, stava tentando l’ assalto ad altri orifizi.

 

Si era messo sotto le coperte e stava leggendo un libro. Senza di lei non sapeva che fare. Doveva ammettere che le mancava. Non averla vicino gli procurava un grande disagio, ma non era solo per che aveva bisogno di assistenza. Era qualcos’altro. Schiacciò un pulsante sulla tastiera del telefono e rimase in attesa. Una voce di donna rispose in italiano.

Bussarono alla porta  era Yuko.

Si avvicinò al letto e gli porse a due mani,  il menu con un inchino.
Si fece spiegare un po’ le pietanze  alla fine riuscì  a mettere insieme  una cena commestibile.

Prese i due carrelli e uscì.
Pochi minuti più tardi ritornò con le vivande. Fece per apparecchiare il tavolo e notò che era tutto spostato.

 Senza dire niente, con un po’ di fatica, rimise tutto a posto e apparecchiò per una persona.

Si diresse verso l’armadio e aprì la parte sbagliata . la trovò al terzo tentativo,  gliela lasciò  sulle ginocchia e si allontanò per dargli un po’ di privacy.

 

Ubbidì senza dire niente ma  non  poté  fare a meno di gettare uno sguardo verso la finestra.
Qualcosa si vedeva  non benissimo ma un po’ di effetto specchio era presente.
Cercò di non girare palesemente la testa  ma gli occhi li aveva tirati tutti verso i vetri.
Furono apparizioni fugaci ma molto intriganti.

Stava istintivamente per afferrarle il seno ma si fermò appena in tempo.
Doveva stare attenti con questi gesti spontanei o avrebbe fatto una figura di merda.
In realtà sarebbe riuscito a camminare anche da solo ma il piacere di farsi aiutare da una bella donna era irrinunciabile.
Serviva in maniera impeccabile, specialmente quando versava il vino, era più brava di Mitsuki.
Era bella anche lei, ma Suki era insuperabile.
Muovendosi tra le varie portate ad un certo punto in una certa posizione, si accorse che  riusciva a vedergli il sesso.
La vestaglia si era un po’ allentata e si era leggermente aperta. Era in riposo però …  deglutiva continuamente. Riprese un po’ il controllo si concentrò su quello che doveva fare cambiò il piatto e cercò di non pensarci … di ignorarlo.
Proprio non ci riusciva, appena poteva,  piano piano  con molta discrezione allungava il collo per poterlo guardare di nuovo.

Aveva trovato un'altra posizione in cui riusciva a guardargli le nudità. Vicino al carrello.
Faceva finta di rassettare i piatti ma il suo unico scopo era solo di guardalo.

Gli portò il dolce. Girava si spostava ma non si vedeva più niente. Neanche dall’ altro lato 

Stavolta pensò subito di non toccarla …  solo la spalla come da contratto sindacale.
Lei si fermò a lato del letto e fece per aiutarlo a togliere la vestaglia.

Se la lasciò sfilare e si sedette sul letto.  Lei si voltò,  lo aiutò ad alzare la gamba ma non guardò da un'altra parte.
Stavolta se lo godette tutto. Pochi preziosissimi secondi di nudo integrale.
Sparecchiò in assoluto silenzio ma con gesti molto rapidi come se avesse avuto fretta.

In due secondi era fuori dalla stanza. Doveva avere mota fretta . Forse doveva rientrare in portineria.
Fece il corridoio di corsa spingendo il carrello. Premette con insistenza il bottone dell’ ascensore.
Arrivo al piano delle cucine spinse il carrello dentro un apposito contenitore tolse i vassoi portandoli verso la lavanderia.
Scappo di corsa. Senti una voce che gli gridava dietro

Corse verso il bagno delle donne Si chiuse dentro si tirò giù le mutande con un colpo solo, si sedette sul water e cominciò a masturbarsi furiosamente.


Parlarono del più e del meno guardarono un po’ la televisione. Le sembrava di essere tornata alla vita di prima. Le sembrava un secolo in realtà non era  passata neanche una settimana.  Davvero le sembrava di stare su un altro pianeta o di guardare da lontano, un film. Gesti ordinari, casalinghi, innocui ma,  micidiali.

La sua stanza era il luogo che conosceva meglio ma, appena entrata, si guardò intorno e la guardò come se fosse la prima volta. La trovò di una ingenuità disarmante i suoi pupazzi le foto di bei ragazzi attaccate con le puntine da disegno. I suoi libri, la piccola televisione. Aprì l’ armadio e tirò fuori i due futon. Da quando era stata in Europa si era abituata a dormire su materassi alti e qui dormiva con due futon uno sopra l’altro. Non era freddo così tirò fuori sono una coperta leggera.
Cominciò a spogliarsi e a riporre la divisa nell’ armadio Guardo i suoi vestiti. Le ritornò quel senso soffocante di ingenuità conclamata, naturalmente non aveva un babydoll, non ci aveva mai neppure pensato. Prese un camiciotto che un po’ gli somigliava ma era di cotone grezzo e senza merletti. Ad ogni modo era la cosa che gli somigliava di più. Si tolse il reggiseno gli ordini erano stati perentori.
Certo lì non poteva mica vederla, però sentiva che doveva fare così.
Si sedette sui talloni alla maniera orientale  e si specchiò …  si non era trasparente però,  poteva andare .
Si sollevò sulle ginocchia e si guardò dietro da sopra la spalla.
Voleva guardarsi il sedere. Si alzò il camiciotto. Le mutandine erano abbastanza sexy. Si vedeva spuntare da sotto  qualche livido. Le venne una morbosa curiosità di guardasi il culo. Non lo aveva mai fatto prima.
Come se avesse ricevuto un ordine da lui,  si tiro giù gli slip fino a metà coscia, tenne in alto il camiciotto e guardò da sopra la spalla. I segni della spazzola erano quasi spariti ma i segni della canna erano visibilissimi, quasi si potevano contare i colpi. Non le facevano più tanto male  era come su qualcuno si ostinasse a pizzicare continuamente le sue chiappe. Tirò in fuori il culo come gli aveva ordinato di fare più di una volta. Avrebbe avuto bisogno di una crema emolliente ma non se la sentiva di tornare di la. Girò gli occhi e sul basso tavolinetto accanto alla lampada la vide.
Non si ricordava di avercela messa. Anzi ne era certa.  Non ce l’aveva messa lei. Era stata di sicuro sua madre. Questa cosa la turbò profondamente perché, voleva significare una conoscenza delle esigenze  che può avere una donna che è stata  appena punita. Significava una certa abitudine come dire una consuetudine. Non riusciva ad immaginare sua madre … Scacciò quei pensieri.
Ne prese un po’ con le dita e se la mise sulla natica destra. Il camicione le dava fastidio,  in due secondi se lo tolse. Affondò tre dita nel vasetto e ne prese un bel po’. Il sollievo fu istantaneo l’ essenze medicinali oltre al profumo emanavano un piacevolissimo senso di frescura. Cominciò a spalmare su tutta la superficie castigata. Certo se fosse stato lui sarebbe stato molto più piacevole.
Uhmm! Doveva fare piano o il dolore riprendeva il sopravvento.
Quel massaggio era piacevole,  a dire la verità rischiava di diventare molto piacevole.
Le venne in mente Ruj,  cercava di immaginarsela giovane a pancia in giù in attesa che arrivasse il marito pronto a sculacciarla. Senza rendersene conto arrotolò un futon  e se lo mise sotto la pancia.
No la posizione non era come se lo era immaginata . specialmente per quello che doveva accadere dopo. No doveva esserci qualcosa di sbagliato. Era troppo bassa. Si mise in ginocchio e srotolo il futon . pensò un attimo poi lo piegò in due nel senso verticale. E cominciò ad arrotolarlo come un sushi. Si  era abbastanza largo. Si adesso era abbastanza compatto se lo mise sotto il ventre. Si certo. E’ cosi che lo preparava  ci avrebbe scommesso. Si adesso il culo era bene in alto pronto per tutto. Girò lentamente lo specchio per guardarsi meglio. Chiuse gli occhi e pensò al suo cazzo duro.
Era tutta bagnata una sensazione prepotente saliva dalla fica. Si scosse  … non doveva farlo … glielo aveva proibito espressamente. E poi non era educato …
Si guardò allo specchio e si disse.

Si alzò rimise in ordine il futon, rifece il letto, tirò su le mutandine, si rimise il camicione e si mise giù a dormire.
Spense la luce.
Per sfuggire alla tentazione, si mise a pancia in su.
Si sforzava di dormire ma, la mano destra come attratta da una calamita, piano piano si andava sempre a posare lì. Era tesa come la corda di in arco. Ogni volta che passava sul clitoride fremeva convulsa come avesse ricevuto una scarica elettrica. Comunque quella posizione non era certo l’ ideale per un culo che era stato vigorosamente frustato. 
Glielo dicevano le continue fitte che si manifestavano dopo ogni fremito.
Si mise a pancia in giù. Ma era come giocare col fuoco. Tirò fuori le mani e si impose di dormire. Sentiva il ticchettio della sua sveglia meccanica a forma di maialino. Non ce la faceva … doveva essere diventata una ninfomane. Si rotolava da un fianco all’ altro doveva essere mezzanotte  passata.
Si arrese.
domani glielo avrebbe detto  avrebbe affrontato la punizione ma,  qui adesso,  doveva proprio farlo. Non ce la faceva più a resistere mise la gamba sinistra fuori dai materassini fino a toccare terra.
Era un metodo che aveva scoperto un giorno per caso quando era ragazzina. Era stata la sua prima vera completa masturbazione. Cominciò con una lenta azione coitale sul bordo imbottito del futon. Prima lentamente, poi in un crescendo sempre più spasmodico. Dovette tapparsi la bocca con la mano. Riuscì a malapena soffocare il grido liberatorio. Si abbandonò esausta e si addormentò.
Alle  6,20  si svegliò. Dopo anni di abitudine ormai, non serviva più neanche la sveglia.
Rimase un po’ a poltrire tanto doveva prendere il pulman alle 7 e non doveva fare colazione.
Come era cambiata. In quattro giorni era cresciuta più che in dieci anni. la signora Ruj sua madre mai le aveva pensate come esseri capaci di una vita sessuale. Lei stessa incapace di resistere alla masturbazione come una adolescente appena sviluppata. L’ amore, il cuore che le batteva forte forte solo a guardarlo. Era un'altra persona.
Si alzò, doveva andare in bagno aprì la porta piano per non svegliare sua madre.
Non se accorse subito, si sedette,  poi vide che sua madre aveva messo a bagno nella vasca le sue verghe.
Rimase sconcertata. Aveva fatto le cose per bene aveva immerso solo  “ l’opera viva”  lasciando i manici con i nastri fuori all’ asciutto.
Le tirò fuori le appese allo stedipanni e le lasciò gocciolare. Le avrebbe prese più tardi.
Torno in camera disfece il letto e rimise tutto in armadio.
Guardò i suoi vestiti con aria critica e si perdonò. Aerano ingenui si però non erano brutti.
Specialmente quelli che aveva preso in Italia. Si mise la divisa e prese i pannolini assorbenti.
Si fermò a riflettere , eh già ormai era quasi ora, tre o quattro giorni e poi avrebbe avuto il ciclo.
Doveva dirglielo. Sentiva dei rumori proveniente dalla casa evidentemente sua madre si era svegliata. Aprì la porta scorrevole e vide sua madre che stava asciugava le verghe avvolgendole in un panno bianco. Quei gesti la mettevano molto in imbarazzo. Era come se sua madre entrasse nella sua vita sessuale.

Inginocchiata davanti allo specchio stava finendo di truccarsi gli occhi, sua madre si affacciò sulla soglia della sua camera e rimise dentro il pacchetto ben confezionato.

Riuscì a prendere il pulman delle 6,50.