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Erano le 10,52 quando uscirono dalla suite.
L’ autista li stava aspettando proprio all’ uscita dell’ ascensore. Prese lui la sedia a rotelle e la spinse verso l’ uscita .

Si diresse di corsa verso la reception ed entrò  dalla porta del personale.

Si diresse verso gli uffici incontrò una signora.

Uscì di corsa e si diresse verso l’ uscita.

Disse arrabbiata May

La limousine si diresse verso l’ autodromo. Fatti  pochi metri lui le disse.

Diede uno sguardo all’ autista e cominciò ad alzarsi la gonna con movimenti piuttosto difficoltosi.
Più ancora difficoltoso fu sfilarsi le mutandine. Però per fortuna Takeo non sospettava niente e guardava solo l’ intenso traffico.
Raccolse le mutandine e gliele diede. Lui, controllò che si fosse seduta correttamente e  senza dire niente,  se le mise in tasca.
Fu accolto con grande calore. Lo misero al corrente dello stato di avanzamento dei lavori. Gli fecero vedere la sospensione che si era rotta. Lo portarono in sala  brifing  e chiusero le porte.
Mitsuko e Takeo rimasero fuori. Curiosarono un po’ in giro per il box,  poi un meccanico li raggiunse.

Fecero un inchino e si diressero verso la macchina.

Gli aprì la portiera anteriore. E la invitò a salire accanto a lui.
Rimase per un attimo perplessa non se lo aspettava , non ci aveva pensato anzi stava pensando di dover ripetere il rituale della gonna alzata come nel film, sentiva di doverlo fare ma, quella gentilezza aveva scombussolato tutti i suoi piani. D’altro canto  era solo un impiegata anche lei, le sembrava estremamente snob rifiutarsi di salire davanti.
Era silenziosa si guardava la gonna compostamente a contatto col sedile, come era normale che fosse ma, non come doveva essere per lei.

Era come se le avesse dato un calcio al cervello ! “ Quando lui se ne andrà “ ma, non poteva andarsene. Non era possibile. Non poteva andarsene. Non poteva essere. Era impossibile.

Si guardò la gonna compostamente messa attorno alle sue gambe.

Non disse niente ma fece cenno di si con il capo e si lisciò la gonna lungo le gambe.
Come faceva a dirgli che lui aveva le sue mutande in tasca e che gliele aveva date lei.
Mangiarono parlando del più e del meno. Takeo non tornò più sull’ argomento.  Controllava continuamente di stare seduta composta.
Alle 14 erano già all’ autodromo si misero seduti su un muretto a guardare le prove di una macchina di formula minore. Continuava a stare attenti a come si sedeva,  non voleva far vedere che le sue mutande erano da qualche altra parte. Era a disagio non tanto perché era senza mutande o per la dichiarazione che gli aveva fatto Takeo, quanto per quella frase che le martellava il cervello “ quando lui se ne andrà”. Non riusciva proprio a immaginarla una situazione senza di lui. Fortunatamente uscì prima del previsto. Il movimento dentro ai box interruppe quel flusso atroce di pensieri. Fece un gran respiro di sollievo e si alzò repentina

Takeo la guardava in silenzio  consapevole di non aver speranze.
Dopo i saluti lo aiutarono a salire in macchina e misero la carrozzella nel bagagliaio.
Takeo  con gentilezza aprì lo sportello anche a lei. Salì compostamente ma, non appena lui si voltò per andare a raggiungere il suo posto anteriore , con un gesto fulmineo si alzò la gonna e si sedette a culo nudo sul sedile.

Premette il pulsante del microfono e parlò in giapponese con Takeo dall’altra parte del vetro.
Non ebbero difficoltà a parcheggiare perché il supermercato era provvisto di un parcheggio sotterraneo sorvegliato, cosicché poterono lasciare la limousine incustodita.
Takeo spingeva la sedia a rotelle e lei il carrello per la spesa.
Lui non conosceva gli ideogrammi quindi ordinava  in italiano e lei metteva nel carrello senza commenti.
Comprò una scatola di pennarelli di varie misure e colori nastro adesivo forte di quello per rilegare i libri, una scatola di puntine da disegno e della colla.
Era molto preoccupata della presenza di Takeo perché sapeva che quella spesa aveva uno scopo molto preciso, però ad onor del vero tutta la roba che aveva comperato sino ad ora le sembrava piuttosto innocua.
Mentre si dirigevano verso il reparto dell’ abbigliamento passarono avanti a quello degli articoli sportivi .
Fu attratto dalle canne da pesca. Trovò tra gli accessori quello che cercava, comprò due cime in fibra di vetro per le canne,  una molto sottile  e flessibile ed un altra più spessa e rigida, adatta per la pesca ai pesci grossi. Erano entrambe lunghe poco meno di un metro.
Cominciava a sentirsi a disagio, quello che aveva appena comperato non erano certo oggetti innocui, sapeva benissimo dove sarebbero andati ad impattare, ma quello che più la preoccupava era il fatto che forse anche Takeo avrebbe potuto intuire a cosa potevano servire.
Lo guardò con discrezione senza farsi notare.
Chissà se intuiva  che erano per il suo culo?
A prima vista sembrava del tutto ignaro. Certo che se non eri al dentro a certe situazioni potevano risultare solo degli oggetti comuni.
Naturalmente per lei era chiarissimo e mentre li metteva nel carrello tastava con molta, molta preoccupazione la loro consistenza. Gli passò una decina di campanellini di quelli che si attaccano alla cima delle canne quando si fa la pesca a fondo. Non comprese cosa volesse farne.   Ma in un certo senso era rassicurata perché  alzavano una cortina fumogena e confondevano le intuizioni. Guardò verso Takeo ,  lui era estremamente professionale e non lasciava trasparire niente.

Takeo non conosceva l’ italiano ma intuì dai gesti. Si fermarono davanti ad un manichino che indossava una calzamaglia strettissima fucsia e sopra un costume da bagno blu elettrico che dietro era talmente scosciato da diventare praticamente un tanga.

Disse con un inchino e di sotterchi , guardò Takeo questa volta non poteva non intuire.
Infatti anche lui la stava guardando e le sembrò di scorgere un moto di gelosia che si tramutò in quello che lei intuì come  un sorriso amaro.
Non poteva farci niente gli dispiaceva per lui, ma non lo aveva mai minimamente incoraggiato.
Mentre si dirigeva verso la commessa senti lui che diceva.

Se avesse potuto capire sicuramente Takeo sarebbe stato ancora più geloso.

Fece cenno di si con il capo, era come se le avesse appena detto che lei quel costume lo avrebbe indossato a chiappe nude. A dire la verità in questi giorni era più il tempo che aveva passato nuda che con i vestiti quindi non aveva di che stupirsi, però  doveva smettere di pensare a quello che avrebbe pensato Takeo altrimenti non si sarebbe mai liberata da quel senso di angoscia.

Girarono un po’ tra gli articoli sportivi ma non trovarono niente di interessante.

La visita al reparto giocattoli fu molto proficua.
Misero nel carrello una scatola contenente il necessario per giocare a pingpong, una paletta di legno con attaccato un elastico ed una pallina di gomma.

Passarono davanti al reparto delle macchine ginniche da palestra.

Era eccitato come un bambino che cercava i giocattoli. Scrutarono le macchine  una ad una.
C’era una commessa molto carina, che spiegava il loro utilizzo,era in tenuta da ginnastica e parlava anche in inglese  ma non c’era bisogno di parole perché , la dimostrazione pratica era molto esplicativa. Fece ripetere due o tre passaggi su alcune macchine che costringevano la ragazza in pose molto sexy, suscitando l’attenzione di Takeo e la gelosia malcelata di Suki.  Però non c’era  niente che faceva al caso suo. Le due ragazze parlavano tra di loro in giapponese. La commessa sembrava supplicasse qualcosa a Suki che ingelosita, rispondeva in maniera piuttosto scontrosa.

La ragazza  rispose con un grande inchino di ringraziamento. Le porse la penna e un blocchetto su cui prendeva gli ordini. Spruzzava felicità da tutti i pori strappò il foglietto di carta con l’ autografo e se lo mise dentro la calzamaglia sul petto. Poi senza che le venisse richiesto, si mise su una specie di vogatore e cominciò a fare avanti indietro verso di lui, mimando quella che era palesemente una azione coitale.
Se gli occhi avessero potuto uccidere,  la ragazza sarebbe morta all’ istante,  fulminata dallo sguardo di Suki.
Takeo  aveva sfoderato un sorriso sornione e la guardava ammiccante.
Lui invece le si rivolse direttamente in inglese bypassando la traduzione di Suki.

Si fermò all’ istante,  rimase a bocca e gambe spalancate,  non credeva alle sue orecchie.
Leo de Angelis le stava chiedendo se voleva un autografo sul costume.
Era incredula ed eccitata, corse verso il tavolinetto dove teneva la penna.
Balbettava e faceva inchini continuamente

Leo sorrideva,  gratificato da tanto entusiasmo,  aveva aperto una scatola di pennarelli e ne aveva preso uno nero.

Disse mostrandolo alla ragazza.

Le si avvicinò in modo che lui potesse scrivere sul costume.
Fece una firma all’ altezza dell’ ombelico. La ragazza saltellava come un bambino davanti a una torta di cioccolata.

La prese per un braccio e se la mise di traverso sulle ginocchia come a volerla sculacciare.

Takeo rideva di gusto, Suki soffiando dal naso come un toro infuriato gli diede una gomitata sullo stomaco.

Mentiva spudoratamente non era certo a lui che avrebbe voluto dare la gomitata.
La scena  invece passò  quasi  inosservata anche perché nel reparto, in quel momento,  c’era relativamente poca gente.
Con un piccolo buffetto sul sedere la fece rialzare.
La ragazza era incontenibile saltava come una adolescente rideva di gioia e si guardava gli autografi
Si inchinò e ringraziò più volte a mani giunte sulla fronte.
Stavano per uscire dal reparto quando istantaneamente afferrò le ruote frenando di colpo.
Indico a Takeo una direzione. In un angolo seminascosto da altre macchine da palestra c’era un cavallo da volteggio. Era di quelli di tipo più moderno con le zampe singole in metallo.
La commessa accortasi del loro interesse accorse immediatamente.

La commessa si mise ad armeggiare attorno alle zampe e gli fece vedere  la regolazione.

La ragazza armeggiò con l’attrezzo e fece diverse prove, alla fine si mise a cavalcioni e gli fece vedere come toccava con le punte dei piedi poi fece un paio di volteggi molto spettacolari.

Le due ragazze si misero a parlare in giapponese  la commessa scriveva sul famoso taccuino dell’ autografo.
Guardandolo da vicino però si rese conto che aveva bisogno di qualche modifica.

Si fece dare un foglietto e la penna dalla commessa e scarabocchiò un bozzetto.

Le due ragazze parlottavano concitatamente.

Le ragazze parlottavano e facevano gesti  esplicativi  chissà cosa stavano  equivocando,  lui sorrideva sornione. Poi la commessa ebbe come un lampo di comprensione e fece un sorriso malizioso a  Suki.

Sorrise sornione e rispose ai suoi inchini con un inchino anche lui.

 

Trovarono quasi subito la divisa da collegiale.
Cadde nel panico più profondo quando lui le chiese di provarla lì subito.

Prese la scatola e si diresse verso la cabina di prova come un condannato che va verso il patibolo.
Chiuse la tenda e aprì la scatola,  tremava come se avesse in mano un martello pneumatico.
La gonna era preoccupatamente corta lo si vedeva ad occhio, cominciò a tirare fuori  i vari capi uno ad uno: il pullover, la gonna, la camicia, la cravatta e … quasi svenne dalla gioia.
Sotto insieme ai calzettoni lunghi vi erano un bellissimo paio di mutandine bianche.
Erano grandi da adolescente quasi dei calzoncini ed avevano dei bordi che richiamavano i disegni della gonna. Le prese e le baciò con veemenza, quasi fosse una feticista.
Fece un gran sospiro e cominciò a vestirsi.
Mancavano solo le scarpe basse per il resto c’era tutto.
Entrò in sala radiosa come la primavera.
Takeo rimase a bocca aperta.
Era bellissima, la gonna corta valorizzava in maniera perfetta la sua figura proporzionata.
Perfino la commessa fece una evidente espressione di compiacimento.

e si zittò di colpo.

Furono interrotti dalla commessa che diceva qualcosa in giapponese rivolgendosi però verso di lui.

Rimase pensieroso per qualche minuto.

 Disse in tono velatamente polemico. E aggiunse subito …

Abbassò la testa e non rispose si mordeva le labbra quasi per autopunirsi, tutto aveva bisogno tranne che di farlo arrabbiare.

Presero diversi capi di biancheria  intima  calze varie  e anche un Kimono.
Uscirono con il carrello pieno.