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La conferenza

 

Erano seduti entrambi sul sedile posteriore di una limousine fornita dall’ albergo stesso.
Il traffico era intenso e la velocità era relativamente modesta.
Suki era impeccabile sobria e nello stesso tempo bellissima nella sua divisa blu.
Solo lui però sapeva che sotto non portava ne le calze ne le mutande e che aveva le natiche offese da una punizione recentissima.

Divenne rossa in modo evidente.

Prese la gonna e cominciò a tirarla su. Lentamente.  Lentamente senza fare il minimo rumore.  Guardò verso l’ autista  anche nel film, si ricordò che la protagonista  guardava nello specchietto per incrociare lo sguardo dell’uomo. Fortunatamente questo, a differenza del film, non sospettava niente e prestava attenzione solo al traffico. Solo all’ ultimo dovette fare un piccolo balzo per scavalcare le natiche. Le gonne della divisa non erano certo adatte a questi giochetti erotici.
L’ autista attirato da quel movimento getto uno sguardo verso di loro ma poi ignaro  continuò a guardare avanti.

Ci furono diversi minuti di silenzio.

Suki scese dalla macchina, e aiutata dall’ autista tirò fuori dal bagagliaio la sedia a rotelle.
Mentre scendeva la senti sussurrare  “ Suki troverà sistema “ lo aveva detto piano quasi lo avesse detto a se stessa.
La sala era gremita di giornalisti. La formula 1 in quegli anni stava prendendo piede anche in Giappone e la gente ne era entusiasta.
Erano seduti ad un tavolo pieno di microfoni e di monitor, semi incassati sul ripiano, in modo da non coprire i volti.
Suki era alla sua destra mentre alla sua sinistra vi era un moderatore-presentatore  molto noto della tv popolare.
La trasmissione dopo i convenevoli di rito entrò nel vivo con la messa in onda del filmato dell’ incidente sia a velocità normale che al rallenty.
Suki nel rivederlo rimase turbata tanto che se ne accorse anche il presentatore e tornati subito in diretta le fece una domanda specifica a cui lei rispose con molta grazia e femminilità ammise candidamente che si quel filmato, come a tutte le donne,  la turbava e la spaventava.
Ci furono molte domande tecniche  a cui lui rispondeva in italiano.
Suki era bravissima aveva frequentato un corso di hostess e lo metteva a frutto con grande professionalità, traduceva in maniera impeccabile, inoltre era estremamente fotogenica.
Ad un certo punto, dopo circa mezz’ora di tecnicismi,  si alzò una giornalista di una famosa rivista di gossip e formulò la sua domanda.
Suki si rivolse verso di lui e tradusse.

Si guardarono negli occhi  ci fu qualche istante di silenzio si sentiva inquisito e gli sembrò di cogliere un tremolio nella voce di Suki.

Appena ebbe fatto la traduzione la giornalista incalzò subito un'altra domanda.

Questa volta la voce di Suki tremolava sensibilmente ,  ma naturalmente lì,  poteva capirlo solo lui.
Prese qualche attimo di riflessione poi guardando Suki disse.

Mentre traduceva Suki abbassò gli occhi e non guardò verso la telecamera.
Un'altra giornalista si alzò in piedi e fece una sfilza di domande.

La trasmissione con uno spot pubblicitario finì alle 12 in punto.
Fu invitato a pranzo in un famoso ristorante.  Pretese di avere accanto a se Suki.
Qualcuno gli fece notare che era vestita con una divisa simile al personale inserviente.
Lui minacciò semplicemente di andarsene.
Anche Suki sentendosi in imbarazzo cercò di tirarsi fuori.

Suki fece un inchino e si sedette al suo fianco.
I Commensali  erano personaggi famosi e parlavano tutti in inglese. Davanti a lui si era seduta la famosa giornalista di gossip che cominciò subito a fargli una corte sfacciata.

Suki la guardò come se volesse incenerirla. Odiava quella sua vocina da papera e odiava anche quel suo modo di proporsi.

Suki serrò la mascella avrebbe voluto strozzarla. Non disse niente e non fece una mossa ma,  lui, incrociando per un attimo i suoi occhi  lesse un inequivocabile lampo di gelosia.

Non era sicura che quella interprete contasse qualcosa per lui, sicuramente era un hostess ingaggiata dall’ albergo ma, le era sembrato di cogliere un lampo di gelosia nei suoi occhi. Si probabilmente ci stava provando anche lei. Decise di far fuori subito la concorrente.

Fu interrotto dalla ragazza che appoggiandogli una mano sul braccio disse in inglese.

La guardò per un attimo non capì subito a cosa si riferiva le sembrava una scusa ma poi capì e soprattutto, lesse una disperata richiesta nei suoi occhi. Li si trovava fuori posto e ne soffriva.

Si intromise la giornalista, radiosa in volto, per aver sbaragliato una concorrente.

Disse con un sorriso. Poi rivolgendosi verso Suki disse in italiano.

Suki fece un profondo inchino a tutti i commensali e si congedò.
Mentre stava per uscire dal ristorante vide che la giornalista non aveva perso tempo, si era messa al suo posto e gli sorrideva accarezzandolo sulla mano.
Si asciugò la lacrima pochi istanti prima che l’ autista potesse accorgersene. Mise al corrente l’ autista che avevano un lavoro da svolgere e si sedette sul sedile posteriore.
La macchina si mosse, lei senza farsi scorgere tirò su la gonna e si sedette a pelle nuda sul cuoio. 
Era triste si guardò le cosce che spuntavano dalla gonna.
Fu interrotta dalla voce dell’ autista che proveniva dall’ altoparlante.

Premette il pulsante per la risposta.

Fece per riassestarsi la gonna ma poi decise che lo avrebbe fatto solo all’ ultimo istante pochi secondi prima di scendere.
Trovarono posto in fondo alla sala su un tavolo munito di panche.
Mentre era seduta  pensò che se avesse avuto la gonna più larga avrebbe potuto fare il giochetto di  histoire d’O anche li. Si penti subito di averlo pensato come giochetto. Non era un giochetto. Era la presenza del suo padrone. Non doveva ingelosirsi lei era solo la sua schiava. Lui era il suo padrone e aveva il diritto di scoparsi chi voleva.

Dopo circa mezz’ora uscirono dal locale.
Appena la macchina cominciò a muoversi alzò di nuovo la gonna e si risedette a culo nudo sul cuoio freddo.
Tornò che erano quasi le 17 aveva fatto un bel giro aveva comperato le calze i babydoll e naturalmente aveva espletato completamente il lavoro con le prostitute.
Prese l’ ascensore nel garage e salì direttamente alla suite.
Lui non c’era. Non era ancora tornato.
Mise a posto le cose che aveva comperato e rimise in ordine la stanza, rifece il letto.
Generalmente queste cose venivano fatte dal personale delle pulizie, ma in quella situazione specifica, per espresso ordine del direttore, doveva fare tutto lei.
Si inginocchiò sotto la finestra prese il quaderno rosso e cominciò a scrivere.
C’era solo un grande silenzio.
Non riusciva a concentrasi. Il pranzo non poteva essere stato così lungo.
Era inviperita avrebbe voluto strapparle gli occhi a quella papera “vuole conoscere una donna giapponese fino in fondo”
“Vuole che le mostri il mio utero? ” Scimmiottò con una boccaccia. “ Vuole visitare la città”   “ le faccio da cicerone”.
Doveva concentrarsi e non pensarci più.  Doveva scrivere le impressioni della prima punizione e ricopiare il rapporto dei prezzi.
Mignotta … era solo una mignotta mascherata da giornalista.
Non aveva nessun diritto ma in realtà era gelosa, continuava a ripetersi che lei era solo la sua schiava,  ma era gelosa terribilmente gelosa, ossessivamente gelosa, anche se tra loro praticamente non c’era stato niente.  Lui aveva il diritto di scopare con chi voleva. Lei era solo una hostess una schiava e basta. Non aveva nessun diritto su di lui. Scoppiò a piangere senza freni.
Squillò il telefono  era Yuko

Percepì  poco entusiamo dall’ altro lato del telefono e continuò

Aveva già riattaccato.

Busso piano alla porta.

Yuko scoppiò a ridere

Si tolse in un colpo solo mutande e gonna e si stese bocconi sul letto.

Aprì il tubetto della crema e ne versò un po’ sulle natiche.

Gli raccontò la storia della verginità.

Ci fu un lungo silenzio. La crema impiegava tempo ad essere assorbita e Yuko massaggiava diligentemente.

Rimase pensierosa per qualche minuto, assaporava il sollievo che il massaggio di Yuko le provocava.  Chiuse gli occhi. Dondolava dolcemente sotto la spinta di quei massaggi.
Riaprì gli occhi di scatto.

 

Si rivesti di tutto punto e si mise anche le calze.

Aprì la porta e fece per uscire.