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Al mattino

 

Aprì gli occhi  poco dopo l’ alba se ne rese conto dal chiarore che filtrava dalle finestre.
Ormai si era completamente messo in paro con il fuso orario.
Era riposato e appagato ma rimase a poltrire beatamente.
Senza aprire del tutto gli occhi fece una panoramica della stanza in cerca di Suki.
Era li in ginocchio, completamente vestita con la divisa, alla destra del letto.
Aveva allineato diligentemente sul pavimento i quattro attrezzi di punizione.
Aspettava paziente il suo risveglio.
In quel momento stava guardando fuori dalla finestra, quando ritornò con lo sguardo verso il letto,
lui aveva già richiuso gli occhi e faceva finta di dormire.
Si stiracchiò un po’ e fece finta di svegliarsi in quel momento.

Mentre lentamente si dirigevano verso il bagno.

Chiuse la porta e la lasciò senza risposta.
Aspettò in silenzio un tempo che le sembrò lunghissimo.
Si era fatto anche la barba e profumava di dopobarba.
Si fece riaccompagnare sul letto e si rimise sotto le coperte, ma si mise seduto con i cuscini dietro la schiena. Suki si era inginocchiata alla destra del letto in attesa di ordini. Aveva accanto a se gli strumenti per la punizione ed il quaderno rosso perfettamente allineati sul pavimento.

Lui la guardava con severità.

Non aveva specificato niente ma Suki  si mise subito bocconi con il culo proteso.

Fece cenno di si con la testa ma non disse niente rimase in attesa che lui cominciasse.
E Lui cominciò.
Una serie di sculacciate date sopra alla gonna a mano aperta molto forti.
Suki mugolava ma riusciva a non muoversi troppo,  ogni tanto stringeva le coperte tra le dita.
Sentiva che lui piano,  piano le stava tirando su la gonna,  non oppose resistenza anzi, alzò il bacino per facilitare l’ operazione.
Era difficile e ci volle un po’ di tempo,  perché la gonna era molto stretta.
Si rese conto che lui la stava ammirando.
Le accarezzava le natiche appena velate dalle mutandine, adoperava entrambe le mani la palpava senza ritegno sembrava volesse imparare a memoria le sue forme.

Ricominciò a sculacciarla forte.
Sistematicamente alternativamente da una natica all’ altra con vigore e metodo.
Non ragionava più sentiva solo le vampate di dolore,  faceva una grande fatica per rimanere ferma.
In un momento di lucidità si rese conto che le aveva infilato le mutande in mezzo alla fessura e che praticamente la schiaffeggiava sulla pelle nuda.
Non riusciva a trattenersi mugolava senza ritegno si mordeva le mani.
Sentiva che le mutande tirate da dietro si erano intrufolate in mezzo alle grandi labbra. Tirava forte quasi a volerle strappare e sculacciava forte ma proprio forte.
Dei lacrimoni cominciarono a scendere sulle guance.
Ad un certo punto si fermò.
Il sollievo fu travolgente  non si pensa mai a quanto sia piacevole l’ interruzione di un dolore.

Obbedì all’istante ma si lasciò la gonna arrotolata sulla vita aspettava un suo ordine.

Ubbidiva  senza esitazione  ma riponeva su una sedia gli indumenti con molta pignoleria.

Nonostante la situazione,  rimase sorpresa ed imbarazzata da un ordine così esplicito.
Obbedì ma con una evidente esitazione  e poi non sapeva dove mettere le mani.

Disse quasi gridando, poi con tono arrabbiato continuò.

Si avvicinò al letto in modo che lui arrivasse a toccarla.
Lui non la toccò, la afferrò.
Abbrancandola a mano piena, seppur attraverso le mutandine,  afferrò le grandi labbra e prese possesso della sua fica.
Era un tumulto di sensazioni  al confronto le cascate del Niagara erano un tranquillo ruscello di campagna.
Non chiuse gli occhi sapeva che gli era proibito farlo, ma non riusciva  guardarlo in faccia.
Mani sopra la testa, vagava con lo sguardo in cerca di qualcosa dove posarlo. Era rossa come un  peperone non sapeva bene neppure lei se di vergogna o di eccitazione. Allargo un po’ le gambe per facilitargli la presa.
Era letteralmente nelle sue mani, ma non aveva paura. Aveva un grande timore  ma non paura.
Il cuore pulsava a mille all’ ora.
Aveva aspettato tutta la vita, un uomo che la tirasse fuori dalla sua routine quotidiana, che la scuotesse dal suo torpore, che la facesse scendere dal pulman che tutti i giorni la portava da casa al lavoro, che la costringesse ad un qualche tipo di rapporto. Ora era li letteralmente presa per la fica e non era una metafora. Respirava affannosamente e quella mano stringeva forte … più di quanto avrebbe desiderato.

L’ uomo strinse ancora di più quella tenera carne.

Il silenzio era imbarazzante.

L’uomo scoppiò a ridere

 Disse riprendendo a ridere.

Smise di ridere e diede una stretta forte alle grandi labbra tanto da strapparle un grido.

Suki adesso piangeva

Piangeva come una bambina piccola.

Scoppiò a ridere e la lasciò andare

Prese con sgarbo la spazzola dalle mani della ragazza

Obbedì immediatamente salì sul letto e si distese bocconi.
Si leccava i baffi come davanti un manicaretto.
Arrotolò la camicia fin sopra i fianchi, la pelle era liscia come la seta, rosea e chiara come se ne vedevano solo in oriente.
Infilò due dita sotto l’ elastico delle mutandine e piano,  piano,  assaporando ogni centimetro le tirò giù fino a meta coscia.
Non aveva fretta, si mise ad accarezzare ogni centimetro.
La pelle delle natiche  era arrossata dalle sculacciate precedenti,  ed aveva un netto contrasto con il resto del corpo.

La ragazza non credeva di dover rispondere, rimase ferma in apnea quando sentì le dita di lui, che si infilavano delicatamente dentro la sua vagina umida.
Repentinamente prese la spazzola e calò un fendente sulla natica destra.

Così dicendo calava colpi di spazzola forti e in sequenza su entrambe le natiche.
Suki manteneva a stento la posizione sgroppava gridava e piangeva.
Era proprio arrabbiato e i colpi cadevano senza sosta.
Si fermò un attimo a riprendere fiato.
Guardò il risultato di quella tempesta di colpi. Le natiche erano tumefatte letteralmente viola.
La ragazza si mordeva le mani e piangeva senza ritegno.
Riprese con una lunga sequenza di colpi.

Riprese a sculacciarla con vigore.
Era arrabbiato e se la prese con la parte alta delle cosce al confine con le natiche.
Gridava e piangeva  si aggrappava alle coperte tentava di rimanere in posizione il più possibile
Lui l’ aveva afferrata attorno ai fianchi e tentava di tenerla ferma.
Il dolore era insopportabile e continuo .
Implorava di smettere chiedeva continuamente perdono. Balbettava anche delle frasi in giapponese.

Si era fermato e adesso l’ accarezzava con grande voluttà entrava con le dita sempre più spesso in mezzo alla fessura.
Suki sembrava aver ripreso un po’ di autocontrollo,  nonostante l’ umiliazione che le provocavano, preferiva di gran lunga quelle carezze oscene, ai morsi  della spazzola. Non si opponeva e si abbandonava completamente nelle sue mani.

Alzò la testa e guardò verso la parete sopra al divano.

Suki scese dal letto  e corse verso il telefono.
Lui la guardava con grande voluttà.
Parlava al telefono,  istintivamente con la mano libera si massaggiava la natica destra.
Aveva ancora le mutandine a metà coscia e così seminuda era irresistibile.
Aveva il cazzo duro come la pietra.

Rimase  sorpresa non se lo aspettava, fece mente locale poi corse verso il letto e si gettò bocconi attraverso le sue ginocchia.

Vide davanti a se la spazzola che lui aveva momentaneamente appoggiato sul letto e senza aspettare ordini la prese e contorcendosi un po’ la porse al suo castigatore senza abbandonare la posizione.
Lui però non la prese era interessato di più ad accarezzare le sue nudità.
Era delicato, con entrambe le mani accarezzava le sue natiche tumefatte, girava attorno alle natiche come ad un mappamondo, piano,  piano si insinuava tra le chiappe le dita si intrufolavano nella fessura.
Ad un tratto si sentì come squarciata, come quando si strappa un pezzo di stoffa.
Con entrambe le mani aveva allargato le chiappe e stava guardando i suoi orifizi senza che lei potesse farci niente.
Fece un salto quasi a volersi liberare ma poi affondò la faccia tra le coperte e serrò la mascella, chiudendo gli occhi con  forza. Si sentiva violentata avrebbe voluto morire, scomparire, sotterrarsi sotto il pavimento.
Il tempo sembrava infinito, era evidente che lui non aveva nessuna fretta e nessuna intenzione di sottrarla a quel disagio. anzi provò anche ad infilarla con un dito.

Disse tentando di far penetrare inutilmente il dito nell’ ano.

Bussarono alla porta Suki fece un sussulto e lui abbandono quella perlustrazione oscena.
Era riemersa dalle coperte aveva aperto gli occhi e lo guardava di traverso in attesa di ordini.

Suki si alzò di scatto e fece per tirarsi su le mutande.

In pochi secondi si era completamente rivestita e a parte la cravatta un po’ fuori posto nessuno si sarebbe accorto di niente.
La vide camminare in maniera strana, poi capì e si mise a ridere.
Tentava allargando le gambe di non far scendere gli slip ma con poco successo perché, la gonna era stretta e le mutande avevano già fatto capolino sotto. Fece un gesto istintivo come a volerle tirare su ma si fermò in tempo, sapeva che non le era permesso e che quello era proprio quello che lui voleva.

Si guardarono ed entrambi sapevano che l’ altro sapeva della situazione che stavano vivendo in quel momento.
Aprì la porta e parlando in giapponese fece entrare il fattorino.
Non era uno dei soliti ragazzi, era un signore sulla cinquantina che non aveva mai visto.
Posò il carrello in mezzo alla stanza  e fece un inchino.

Suki si mosse e perse immediatamente la battaglia con le mutande. Ormai gli erano arrivate alle caviglie  camminando come fosse impastoiata a piccoli passi si diresse verso il cassetto e prese una moneta.
Era impossibile non accorgersi della situazione i due uomini si guardarono per qualche istante e si fecero un sorrisetto di complicità.
Suki invece non sapeva dove guardare era rossa fino alle orecchie  e tentava di camminare con più naturalezza  possibile.  Gli diede la moneta e lo invitò ad uscire. Il fattorino fece un inchino di ringraziamento, ma rimase fermo, guardò l’ uomo e solo quando lui gli fece cenno di andarsene, si decise, con un grande sorriso,  ad uscire.
Suki era rimasta impietrita due lacrime gli scendevano dal viso.

Fece alcuni passi verso il carrello poi costatata la scomodità della situazione se le tolse e le mise nella tasca della divisa.

Suki obbedì le mise nell’ armadio e andò in bagno a lavarsi le mani.

Non riusciva a capirlo  si arrabbiava se lei toccava le mutande e lui invece …
Prese il vassoio e lo mise al traverso delle sue gambe dove era stata lei fino a pochi attimi  prima.

Prese una brioche e gliela  porse.
Non potè fare a meno di notare che con un atto di gentilezza aveva adoperato la sinistra e due dita diciamo così , poco compromesse dal precedente palpeggio.
Si inginocchiò ai piedi del letto e cominciò a mangiare. Era assorta nei pensieri , lui se ne rese conto fece per interromperla come a volerla tutta per lui, ma la lascio stare.