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Il Ragno

 

Arrivò in albergo e si diresse come aveva fatto migliaia di volte al suo posto di lavoro. Mise il pacchetto delle verghe dentro al suo armadietto personale e si diresse verso la reception.
Naturalmente il suo turno era stato coperto da altri colleghi. Si misero a parlare del più e del meno.
La ringraziarono per la gratifica che gli aveva fatto avere.

Salutò i colleghi e le andò incontro.

Salirono al piano del bar  in sei anni in Italia, avevano preso l’ abitudine di fare la colazione all’ occidentale.

Raggiunsero un tavolinetto rotondo  di quelli alti in cui si mangia in piedi. Posarono il vassoio e cominciarono a mangiare. Avevano 20 minuti di tempo

Disse scendendo la rampa di corsa.
Si mise a preparare il carrello per portagli la colazione ormai sapeva cosa ordinava
Mentre saliva con l’ ascensore pensò che Yuko non le aveva risposto e che era scappata un po’ troppo in fretta. Doveva essere accaduto qualcosa.
Cominciava ad ingelosirsi. Non era più sicura nemmeno di lei. E’ brutto quando non ti puoi più fidare neanche delle amiche. La giornata non stava affatto cominciando bene. Si era perfino dimenticata le verghe nell’ armadietto.
Non bussò, aprì la porta piano piano, spinse dentro il carrello cercando di fare meno rumore possibile. Lui era  ancora a letto voltato dall’ altra parte, non si capiva se ancora dormisse.
La sua intenzione era di mettersi in babydoll e di farsi trovare in ginocchio al lato come se avesse dormito lì.
Mentre si dirigeva verso l’armadio fu fermata dalle sue parole.

Mai che le perdonasse qualcosa,  stavolta ci aveva quasi sperato.

Disse perentorio indicando le sue gambe. Non le aveva ordinato di spogliarsi.
Le  accarezzava il sedere da sopra la gonna.

Quella espressione volgare l’ aveva colta di sorpresa, Stava per replicare qualcosa ma una fitta pungente alla natica destra cambiò le priorità dei suoi comportamenti. Adesso la priorità era gridare.
Tentava di non farlo e di trattenersi ma aveva le natiche che soffrivano anche solo per una carezza figuriamoci per quelle cannonate. Dopo una decina di colpi si fermò e cominciò a sollevarle la gonna. L’ azione non era affatto agevole era stretta e la posizione non aiutava.
Per facilitargli il compito alzava il bacino in modo che la gonna potesse scorrere sotto. Scavalcò la curva delle natiche e si arruffò sui fianchi insieme alla giacca. La carezzò da sopra le mutandine. Serviva a poco, non riusciva a placare quella sensazione di prendere fuoco ma,  almeno non sculacciava.
Arrotolò le mutandine all’ interno della fessura e le tirava forte quasi a volerle strappare.
Quelle carezze fatte con il legno della spazzola non erano affatto rassicuranti e infatti.
Ricominciò.
Stavolta non  le venne in aiuto nemmeno il clitoride, stavolta erano solo morsi di dolore. E anche lei mordeva … sussultava e mordeva un salsicciotto di coperte che si era messo in bocca.
Dopo un'altra decina di colpi si fermò di nuovo e  … come previsto dal copione tirò giù le mutandine fino a metà coscia.
La accarezzò come a volerle dare un po’ di sollievo. Naturalmente non si negò la sua prerogativa di potersi introdurre tra le sue chiappe impunemente. Frugò senza nessun riguardo come si fruga una cosa di sua proprietà. Si accorse che era estremamente secca. la sentiva fremere ma erano solo fremiti di paura. Forse le aveva imposto un regime troppo severo. Posò la spazzola e la sculacciò con la mano sulla parte alta delle cosce che era rimasta relativamente immune dalle altre punizioni.
Suki non colse  immediatamente quella gentilezza  Anche la mano nell’ immediato mordeva e  mordeva forte, però poi si fermava e accarezzava la parte che aveva appena offeso come a volersi scusare.

Senza ricomporsi con le mutandine che le impedivano di camminare bene. Si diresse verso il carrello. Cominciò ad armeggiare con le stoviglie.

Quella domanda le squarciò il cervello.

Rimase per qualche secondo muta, il tempo di tirare su le mutandine poi esplose.
Sbatte il coltello sul vassoio  e gridò.

Scoppiò a piangere, un piattino si era rotto. Si tirò giù alla meglio la gonna e scappò verso la porta.
Era rimasto allibito. Non se lo aspettava non l’ aveva mai vista così. Pensava di allentarle il regime punitivo ma proprio non era il caso. O forse si,  forse non ce la faceva a reggere mentalmente.
D’ altro canto aveva visto che il sedere aveva bisogno di un po’ di tregua non poteva mica rovinare quel capolavoro della natura. Si era ora di introdurre le tribolazioni.

Mentre l’ ascensore scendeva si asciugò le lacrime  si specchiò, fortuna aveva messo poco rimmel.
In verità non era fortuna, lo aveva fatto a posta perché sapeva che sarebbe durato poco.
Fece una sosta al bagno delle donne e si lavò  la faccia. Si poteva andare. Non si vedeva che aveva pianto. Si mise un filino di rossetto. A proposito doveva ricordarsi  di cambiare la coperta del letto l’ aveva sporcata tutta. Tra Rimmel rossetto e lacrime aveva fatto una macchia grossa come un piatto.  Stavolta l’ aveva fatta grossa si guardò allo specchio e come se parlasse ad un'altra disse.

Stava quasi per rimettersi a piangere.

Usci dal bagno e si diresse verso il buffet prese un piattino  e ci mise sopra una vaschetta di burro fece due passi poi tornò indietro e ne prese un'altra. Mentre aspettava davanti alla porta dell’ ascensore continuò a parlare a se stessa ma pianissimo quasi mugolando.

L’ ascensore si aprì e ne scesero due signore anziane, fece un sorriso ed un profondo inchino, salutarono in tedesco.
Davanti alla porta della suite si fermò, aveva il cuore che galoppava come un cavallo furioso. Fece due o tre sospiri e bussò.

Si inginocchiò poso il piattino in terra e poggiò la fronte sul pavimento.

Senza dire niente si alzò, gettò via il piattino rotto e portò il vassoio sul letto.

Il silenzio era profondo quasi imbarazzante.

Lo guardava muta visibilmente preoccupata.

Non osò dire niente. Muta a testa bassa aspettava. Era nelle sue mani. Era rassegnata.

Sparì in un baleno.

Dopo l’inconveniente della  prima volta  adesso gli mettevano il latte ed il caffè  in delle caraffe a thermos per cui si era mantenuto tutto molto caldo. Notò che aveva preso non una ma due vaschette di burro in più. L’obbiettivo di oggi era di penetrarla. Aveva già visto che aveva  il culo chiuso come una studentessa all’esami di maturità. Comunque doveva penetrarla almeno con le dita. Non doveva traumatizzarla, ma certo doveva fargli capire che il suo culo ormai non le apparteneva  più e che non doveva più difenderlo. Guardò anche il manico della spazzola.
Si!  poteva andare bene …  liscio affusolato e non troppo grosso.
Stavolta ritornò quasi subito.

Entrò e senza dire niente si inginocchio alla sua destra e gli porse quello che aveva chiesto.
La ignorò completamente e la lasciò li a braccia tese.
Dopo qualche minuto cominciava ad avere grandi difficoltà a mantenere la posizione.
Teneva bassa la testa in segno di sottomissione, ogni tanto , sempre più spesso lo guardava con implorazione.
Lui sembrava proprio che non avesse la minima fretta.
Cedette di schianto abbassò le braccia sconfitta e umiliata.
In tutti questi minuti non era stata pronunciata nemmeno una sillaba.

Muta visibilmente preoccupata ubbidì e si mise sull’ attenti a testa bassa.


  • Ora Suki  deve pensare bene a quello che vuole fare perché avrà due scelte.E’ completamente vestita e quindi, può tornarsene a casa, senza che ci siano ritorsioni o conseguenze per lei e la sua famiglia. Nessuno la biasimerà per questo,  nemmeno io … Dovrà tornare solo a fare il suo lavoro in portineria qualcun’ altra qui, prenderà il suo posto. Oppure accetterà di nuovo la sua sottomissione e allora andrà verso quell’ armadio e si spoglierà nuda …  COMPLETAMENTE  NUDA  e riporrà tutti i suoi vestiti  dentro.Disse alzando la voce e indicando con il dito il mobile, perché per questa mattina non ne avrà più bisogno.

  • La decisione fu quasi immediata. Cominciò a sbottonarsi la giacca. E si diresse verso l’ armadio.
    Come succedeva quando era emozionata il suo italiano diventava più stentato e sgrammaticato.

    Ritornò alla sua destra e si mise sull’ attenti completamente nuda.

    Rossa come un peperone fece un passo in avanti e senza aspettare l’ordine, mise le mani sulla testa.   Come sempre la agguantò senza nessuna cerimonia ne  delicatezza, come se avesse afferrato un pezzo di spugna. La manipolò e la frugo incurante delle ripercussioni sul corpo che vi era attaccato.
    E infatti il corpo mugolò in maniera non esattamente decifrabile.

    Si annusò più volte le dita a catturare la sua fragranza,  poi come se niente fosse prese un biscotto e se lo mangiò.

    Non sapeva bene neanche lei perché ma, si sentiva stranamente rassicurata.

    Avvicinarsi a lui non fu un problema ma,  eseguire l’ordine si. Quel gesto osceno proprio non riusciva a farlo era contro ogni suo principio ogni sua più piccola cellula si opponeva. Mise le mani dietro sulle natiche ma proprio non riusciva ad allargarsele.
    Lui aspettava con molta pazienza ma, poi si stancò.

    Il vassoio era poggiato su una specie di tavolinetto che permetteva di fare colazione appoggiati sul letto ma erano due pezzi distinti.
    Prese  quegli oggetti e si mise a trafficare sul tavolinetto.
    Il tappo di sughero, dall’ odore proveniva da una bottiglia di vino, prese uno stuzzicadenti e lo infilò di traverso nel sughero. Aiutandosi col ripiano spinse, fino a farlo uscire dall’ altra parte. Suki  che si era inginocchiata a pochi centimetri da lui  ne intuì subito l’utilizzo, continuò a guardarlo atterrita con gli occhi sbarrati.
    Prese un altro stecchino e lo infilò mezzo centimetro più in alto quasi parallelo al primo.

    Disse letteralmente in preda al panico.

    Infilò il quarto stuzzicadenti poi guardò la sua opera.

    Scuoteva la testa e si mise le mani sulla faccia. Non si capiva se rispondeva  alla sua domanda  o se si riferiva a tutto  quel coso.
    Prese il quinto stecchino e lo infilò di traverso.

    Scuoteva la testa era nel terrore più assoluto. Quegli oggetti che aveva maneggiato mille volte in maniera inconsapevole si erano trasformati in un mostro terrificante.

    Non parlava più guaiva come un cagnolino si agitava come un animale dentro una gabbia.
    Doveva abbassare un po’ la tensione. Si era necessario altrimenti si sarebbe fatta male.

    Le diede un ceffone in piena faccia.

    Piangeva senza ritegno era come se le fosse crollato il mondo addosso.
    Senza pensarci su la prese tra le braccia e la strinse a se.
    Lei dal canto suo non aspettava altro. La cosa peggiore che proprio la faceva soffrire più, più ancora delle frustate, nel loro rapporto,  era questa assoluta mancanza di contatto, di un abbraccio. Continuò a piangere ma lo baciava sul petto e ricambiava stringendolo forte. Godeva di quel calore che le arrivava da tutta la pelle, ma perché non poteva essere come tutte le altre coppie. Rimasero diversi minuti abbracciati. Lui dal canto suo la baciava sulla testa e sulla fronte. Con la mano le carezzava le guance e contemporaneamente asciugava le lacrime. Passati i primi minuti in cui aveva la mente in un turbinio di emozioni. Calmatasi un po’ e rassicurata da quell’ abbraccio. Si rese conto che lui era in piena erezione  e che lei, si stupì un po’ di se stessa,  ci si stava strofinava contro senza nessun pudore.

    Con molta riluttanza si staccò da quell’ abbraccio e si mise sull’ attenti.

    L’ orologio era moderno elettronico ma il display era analogico e aveva una lancetta anche per misurare i secondi.

    Con grande riluttanza prese la parte carnosa delle natiche e le spalancò.

    Lo vide andare verso il tavolo e prendere il ragno dal vassoio.
    Quell’ andamento claudicante la rigettava nel fil dell’ orrore. Balbettava cose incomprensibili parlava e implorava in giapponese. Poi senti la sua mano sinistra che le si poggiò sulla schiena.

    Inspirò dal naso tutta l’ aria che poteva, il grido fu rauco e continuo tremava in preda alle convulsioni allargò istintivamente le gambe. Sembrava che le stessero penetrando il cervello. 
    Poi gridò a squarciagola si chinò, si allargò di nuovo con le mani e lo gettò via. Si gettò a terra in ginocchio in preda ai singhiozzi.

    Le natiche contratte sono brutte a vedersi, inoltre dichiarano un palese rifiuto.
    Non è bello per un padrone  vedersi rifiutato specialmente quando ti si avvicina a cazzo dritto per incularti?  Hai capito?
    Fece cenno di si con il capo  ma si era rannicchiata tutta come proprio a chiudersi in un rifiuto totale.

    Fece cenno di no con il capo.

    Senza dire niente e senza guardarlo eseguì l’ ordine. Ci metteva molta buona volontà.

    Disse prendendogli il ragno dalla bocca.
    Spostò il vassoio sul carrello e si chinò come un agnello pronta al sacrificio.
    Cominciò ad accarezzarla lentamente senza fretta.

    Piano piano fece diversi tentativi ma subito riafferrava le natiche e le spalancava.

    Non rispose, non era divertita,  staccò le mani e cominciò a picchiettarle convulsamente sul tavolo. Era in preda e dei fremiti convulsi gridava senza soluzione di continuità.

    Spingeva in fuori le natiche nell’ intento di spalancarle il più possibile.

    Le allargò le natiche e tirò fuori il ragno.

    Le diede un bacio su una natica c’erano dei piccoli segni sanguinolenti dove le punte si erano conficcate gli diede un altro bacio sul culo proteso.

    Ricominciò ad accarezzarla  senza fretta, passava uno ad uno i segni più marcati.
    Era bellissima e si mise a baciarla senza nessuna remora. Leccava quella pelle martoriata fin dove riusciva a chinarsi.
    Rimase sconcertata da quella intimità. Le sembrava di vivere una situazione surreale invece la lingua era vera  i baci erano veri. Uno degli uomini più in vista e più belli della formula uno, le stava baciando il culo. Lì adesso a lei !

    Senza rispondere mise la mani dietro e lentamente si spalancò la fessura.
    Sentiva le dita di lui che la aprivano ancora di più poi sentì quelle punte oscene che prendevano possesso delle sue intimità.

    Due minuti erano una enormità erano una discesa all’ inferno.
    Provò diverse volte ad eseguire l’ ordine,  gridava senza pudore, spinse in fuori il culo più che poteva. Riuscì a togliere la mani.

    Tremava in maniera spasmodica. Batteva continuamente le mani sul tavolo  mordeva le dita.

    Era semplicemente impossibile era come se le avesse chiesto di andare sulla luna. Alzarsi e fare forza sulle gambe con quel coso in mezzo alle chiappe era come andare a piedi sulla luna.

    Una piccola gocciolina di sangue era comparsa, si decise a toglierlo.
    Liberata da quella tortura quasi cadde in terra.
    La prese per un braccio e le impedì di cadere giù.

    Si alzò in piedi,  ancora aveva delle convulsioni involontarie.

    Gli baciò la mano  e si ri distese sul tavolo.

    Le poggiò la mano sinistra sulla schiena e cominciò a sculacciarla di santa ragione.

    Prese il ragno e lo mise sul tavolo a pochi centimetri dai suoi occhi.

    Si rese conto che gli stava chiedendo la luna,  si chinò sul suo viso e gli baciò la guancia.

    Con deformazione professionale liberò un vassoio ci mise dentro il piattino con le due vaschette di burro e a fianco mise la spazzola  poi a due mani con un grande inchino glielo porse.

    Fece cenno di si con il capo.

    Scosse il capo con energia.

    Lo stringeva forte quasi a volerlo consumare. La differenza di altezza non permetteva ai due sessi di incontrarsi correttamente ma per lei la sensazione era paradisiaca. Senza apparente motivo si mise a piangere in silenzio.

    Fece cenno di si con il capo. Era rincuorata le parole brutte non erano una manifestazione di disprezzo, erano un tribolazione come il ragno. Era contenta di quella intuizione.

    A malincuore si staccò e senza che le fosse stato ordinato spinse il tavolo a contatto col muro sotto la finestra. Si rimise in posizione. Come se si fosse dimenticata di qualcosa però, si alzò repentina prese il vassoio dalla sedia dove lo aveva appoggiato e porgendoglielo in ginocchio  disse.

    Lo posò sul carrello e se lo mise vicino,  prese una vaschetta di burro.

    Disse chiudendo gli occhi quando quella melma fredda le si appiccicò dentro la fessura.
    La mano di lui lavorava con delicatezza ma anche con molta irriverenza cominciò a spingere e senza nessun riguardò manifestò l’ intenzione di penetrarla. Non poté opporsi a lungo. L’unguento non la aiutava certo a resistere. Per la prima volta in vita sua veniva penetrata da un uomo.  Con il dito va bene ma sapeva benissimo che era solo un preludio. Era una situazione disagevole. Non era eccitata da desiderarlo. Era solo un ospite indesiderato che entrava e usciva a suo piacimento con grande maleducazione e  continuava a scaricare dentro di lei ditate di burro. Era molto preoccupata perché le dimensioni le sembravano sproporzionate. Già un dito le procurava quasi dolore  figuriamoci poi. Le dita adesso erano diventate due  e il fastidio adesso era molto vicino al dolore. Non riusciva proprio a rilassarsi. Era molto preoccupata perché sicuramente si sarebbe arrabbiato di nuovo forse non l’ avrebbe frustata ma quel mostro a dieci zampe era sempre lì pronto per farla gridare.

    Non era rilassata lo si vedeva subito. Prese la spazzola  e con grande stupore di lei, unse il manico con un po’ di burro.

    Posò la spazzola  sul tavolo a dieci centimetri dai suoi occhi  poi prese il ragno e lo mise accanto.

    Rimase in silenzio per qualche secondo poi disse

    Senza troppi riguardi allargò con due dita lo sfintere e  infilò su il manico.
    Suki emise un grido ma più di rabbia che di dolore.

    Respirava forte come a contenere il dolore il seno andava su e giù in maniera da far svegliare anche i morti.

    Le chiese in maniera del tutto pretestuosa.
    Non pensava di dover rispondere, lui invece si arrabbiò e le diede uno sculaccione.

     

    Si chinò sul tavolo anche lui,  appoggiò anche lui la guancia sul ripiano e si guardarono negli occhi.

    Si alzò gli tolse la spazzola e cominciò ad accarezzarla, lentamente delicatamente sempre più spesso arrivava sino al clitoride, questa volta i gemiti non erano di dolore ne era certo. Mise una mano in mezzo alle gambe e la sollevò di peso sul ripiano del tavolo. La costrinse a voltarsi faccia al soffitto
    E cominciò a baciarla in mezzo alle gambe.
    Suki era sconvolta respirava affannosamente e brancolava nel vuoto. Si sentiva trascinata come un fuscello era completamente in sua balia. Quando raggiunse una posizione comoda lui si fermò le spalancò le cosce e cominciò a leccarla. A succhiare il clitoride a mordicchiarla. Era come impazzita  emetteva dei rantoli continui si agitava in preda a continui sussulti. Con le mani cercava qualcosa dove aggrapparsi. Senti i suoi capelli forse li tirò ma non se ne rese conto. Spingeva  si … spingeva la sua fica verso la sua faccia … mai si sarebbe immaginata di riuscire a fare quelle cose.
    Gridò questa volta non si coprì la bocca. Finalmente non si doveva nascondere. Emise un rauco profondo, liberatorio, incontenibile. Aveva un grossissimo impulso di baciarlo ma era pressoché irraggiungibile. Gli prese una mano gliela staccò di prepotenza dalla sua coscia e la portò alla bocca baciandola continuamente. Chiuse gli occhi e si abbandonò come se dovesse morire. Rilassò tutti i suoi muscoli era come una bambola di pezza riversa sul tavolo. Lui si appoggiò con la guancia al suo ventre e le carezzò il seno. Avrebbe voluto rimanere lì in eterno ma lui non aveva ancora fatto niente ed era ancora in preda all’ eccitazione.
    La girò bocconi  senza che lei potesse intervenire, come fosse una bambola inanimata. Le sue intenzioni erano chiarissime. Raggiunse con un braccio il vassoio e prese la seconda vaschetta di burro la aprì e si spalmò tutto il glande.
    Tentò di non pensarci di rilassare i muscoli. Sembrava un ariete che voleva demolire le porte del castello.
    Picchiava continuamente  reclamando la sua parte. Suki si irrigidì avere avuto l’ orgasmo adesso era diventato un handicap perché le aveva tolto tutta l’ eccitazione. Adesso lo sentiva come un intruso anche se era la cosa che in quel momento amava di più. Le faceva male  gridava  implorava di fare piano … di fare più  piano. La fortezza stava per cedere ma il dolore contribuiva ad una strenua
    resistenza. Allentò  l’ assedio,  anche lui si rese conto che la cosa non poteva andare buon fine se non a costo di una grande e inaccettabile violenza. Però continuava a strofinarsi a godere di quel calduccio avvolgente. Lei rispondeva bene si sporgeva e si donava per quanto poteva  si agitava in modo da procuragli più piacere possibile ma, non era ancora pronta ad accoglierlo. Rimasero così a strofinarsi per diversi minuti. Senza quasi rendersene conto,  guidando lei i movimenti si ritrovò che il glande era quasi entrato del tutto. Se ne rese conto anche lui e avrebbe voluto darle il colpo risolutivo ma sentiva anche che poi avrebbe rovinato tutto. Si lasciò andare e senza pretendere di affondare raggiunse l’ orgasmo.  Era scomodo così  fini gli ultimi  sussulti strusciandosi tra le natiche e spruzzandola sopra la schiena. Non era stato il massimo  però era contento perché non si era negata  non era fuggita si era donata fino a quanto aveva potuto. Ormai lo aveva accettato  ormai era  solo questione  di tempo. Rimase  sopra di lei quel contatto era piacevolissimo c’era una sensazione di umido e di appiccicoso ma anche di grande morbidezza. Ecco se avesse dovuto descriverla con un solo aggettivo avrebbe detto che era ” Morbida”.
    Lei si era impossessata della sua mano destra  e se la strofinava sul viso e la baciava senza sosta. Non aveva nessuna fretta di sfuggire a quel contatto.

    Senza rispondergli prese la sua mano e se la portò sul seno. Chiuse gli occhi in una beatitudine profonda.
    Senti che il peso di lui non c’era più. Gli ci vollero diversi secondi per uscire dal torpore e rientrare nella coscienza. Si era alzato.
    Si alzò anche lei senza dire niente si mise un suo bracciò attorno al collo come a sostenerlo.

    Senza opporre resistenza si fece portare sul letto e si stese di schiena.
    In un baleno era tornata con il catino dell’ acqua calda?

    Cominciò a lavarlo accuratamente  il ventre la parte alta delle cosce  e il suo cazzo.  Con la spugna lo strofinava delicatamente   ripulendo ogni residuo di sperma. Delicatamente, lentamente. Poi con un gesto tipicamente femminile si scostò i capelli da davanti il viso e affondò prendendolo in bocca.
    Hai capito?  Aveva premeditato tutto ecco perché era meglio il letto.   Comunque aveva ragione. Era molto meglio il letto.
    Si vedeva che non aveva esperienza e che si lasciava guidare solo dall’ istinto però stava ottenendo i suoi risultati Il pene si stava rigonfiando a vista d’ occhio. Lo guardava come a volerlo esaminare al microscopio lo palpava lo baciava e lo ingoiava. Ripeteva queste operazioni in un caotico e fremente susseguirsi. Non lo faceva per dovere, non era una passeggera era lei che pilotava. Era determinata a procuragli più piacere possibile. Fremeva di eccitazione. Era diventata adulta.
    Aveva quasi trent’ anni ma era diventata adulta solo adesso. Il fisico atletico dell’ uomo resistette a lungo ma era destinato comunque a soccombere e lei lo sapeva. All’ ultimo istante si scostò. Non ce l’ aveva fatta a tenerlo in bocca fino all’ ultimo. Stava spruzzando dappertutto. Lo guardò con un po’ di senso di colpa ma lui era in una altra dimensione e sembrava non dare molta importanza alla cosa. Si era disteso ed aveva chiuso gli occhi, si era completamente abbandonato nelle sue mani.
    Lei dal canto suo invece era rientrata in piena fregola.   Si rese conto però di poter fare ben poco. Era sfalsata aveva un prepotente desiderio di essere riempita ma, adesso lui era in piena decongestione. Si alzò e andò in bagno a cambiare l’ acqua, che nel frattempo si era raffreddata.
    L’ impulso sessuale si era un po’ calmato ma aveva una grande eccitazione a livello di mente.
    Non le sembrava vero. Quello che le aveva fatto lui e quello che aveva fatto lei. Chiuse il rubinetto e agitò i pugni come in segno di vittoria.
    Si inginocchiò davanti a lui e ricominciò a lavarlo. Era una sensazione bellissima quasi materna.
    Si crogiolava in quella visione, in quei gesti delicati, avrebbe voluto rimanere lì per l’infinito.
    Lo baciò più volte senza neanche rendersene conto. Lo asciugò accuratamente con un asciugamano.
    Lui non aveva detto nemmeno una sillaba, come lei si era beato di quella situazione e l’ aveva  vissuta con piacere senza aver dovuto aggiungere niente.

    Lo prese da sotto un braccio e lo aiutò a mettersi in piedi.

    Rimase un po’ stupita da quella richiesta ma non disse niente.

    Prese il telefono doccia e cominciò ad armeggiare con il miscelatore in modo da ottenere un acqua abbastanza calda da poter essere sopportata senza scottarsi.
    La spruzzò  cominciando dalla testa, lei emetteva dei mugolii poco decodificabili. Prese lo sciampo e ne versò un po’ sulla sua testa. Fece una grande schiuma e cominciò a massaggiarla.

    Non voleva certo sfuggire a quella goduria voleva solo togliersi la schiuma dagli occhi.
    Aveva posato la doccia aperta sul fondo della vasca in modo che la riempisse e a due mani cominciò a palparla in tutto il corpo.
    Aveva la pelle come la seta i seni riempivano abbondantemente le sue mani girava e rigirava per tutto il busto,  la schiena poi tonava su verso i seni, i capelli.
    Lei mugolava come una gatta.
    Ogni tanto aggiungeva un po’ di sciampo per fare più schiuma.
    Scese fino al bacino.

    Ubbidì senza un attimo di esitazione. Se non fosse per quella schiuma sugli occhi sarebbe stata in paradiso.
    Si soffermò a lungo sulle natiche sulle fica  sui peli del pube. Entrava e usciva dalla fessura le dita si intrufolavano e entravano dappertutto però non erano più tanto fastidiose. Prese del sapone liquido e la ricoprì letteralmente di schiuma

    Era difficile rimanere ferma quando andava sopra al clitoride.
    La penetrò dietro con due dita. Ci rimase per diverso tempo come a farla abituare.

    Ubbidì riuscì a rilassarsi e ad accettare quella intrusione.
    Ormai riusciva ad accettarlo abbastanza bene,  però quando usciva era sempre un sollievo.
    Raccolse la doccia ormai la vasca era mezza piena,  cominciò a spruzzarla e a togliere la schiuma da tutto il corpo. Mugolava di un evidente piacere. Senza che le fosse ordinato si voltò per farsi spruzzare sul davanti. Gli prese la mano e si spruzzò sulla faccia e sugli occhi. Aveva una proporzione di forme che era semplicemente stupenda. Era come tutte le giapponesi di statura abbastanza bassa però era perfetta.
    Le passò un accappatoio.

    Gli piaceva moltissimo avere cura di lui aveva la sensazione di possederlo, lavarlo o come adesso vestirlo le dava la sensazione di una convivenza familiare. Si rendeva conto di andare troppo avanti con la fantasia ma, sognare non costava nulla. Le infilò i pantaloni con la gamba scucita.
    Prima di pensare a lei sistemò anche il carrello con i resti della colazione.

    Guardava preoccupata il ragno sicuramente le cameriere avrebbero intuito qualcosa, forse addirittura indovinato l’uso che ne aveva fatto.

    Cercò di nascondere la delusione con un piccolo inchino.

    Invece era molto preoccupata ma eseguì l’ ordine senza dire niente