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Gelosia

 

Il tempo non passava mai, erano quasi le 20.
Non aveva più niente da fare,  aveva anche apparecchiato la tavola per la cena.
Aveva finito di scrivere, fuori ormai era quasi buio,  decise di non accendere ancora la luce.
Quella penombra era proprio la descrizione perfetta del suo stato d’ animo.
Squillò il telefono

Il portiere chiuse subito la comunicazione.
Rimase con il ricevitore in mano.
Tanto non aveva comunque niente da dire. Le era solo stato comunicato un ordine di servizio.
Tante volte lo aveva fatto anche lei. Un ordine di servizio impersonale e inconsapevole.
Non si pensa mai che di la dal filo c’è una persona. Comunque non avrebbe parlato col portiere, però si sentiva esattamente quello che era, una qualsiasi, una qualsiasi del personale di servizio.
Chiuse il telefono e si inginocchiò sotto la finestra.
Bussarono alla porta. Era Toshiro .

La squadrava come fosse sotto ad un microscopio, cercava qualcosa di erotico ma lei era perfettamente in ordine come un militare in parata.

Richiuse subito la porta quasi in faccia.
Si rese conto che anche lei non aveva tenuto conto della persona che aveva davanti.
Ohh!  al diavolo la guardava con la bava alla bocca … aveva pure il diritto di difendersi no!
Mangiò in ginocchio a terra alla maniera orientale. Non avevano avuto neanche la gentilezza di chiederle cosa desiderava , e forse per merito suo avrebbero preso anche una gratifica.

Alle 23,10 suonò il telefono.

Aveva già riattaccato prima che lei avesse risposto.
L’ ascensore arrivava sino alla hall ma, si apriva di fianco e si poteva sbirciare, tenendo la mano sulla fotocellula delle porte automatiche, prima di uscire ed essere visti.
E’ quello che fece spudoratamente prima di uscire dalla cabina.
Lui era in mezzo alla sala seduto sulla sedia a rotelle. Lei era dietro,evidentemente lo aveva spinto di persona, gli sorrideva e faceva la civetta. Gli diede un bacio sulla fronte poi salutandolo con un inchino se ne andò.
Uscì risolutamente come fosse arrivata in quel momento e si diresse verso di lui.
La accolse con un grande sorriso. Lei no lei non sorrideva era molto formale.

Adottò la strategia della domanda per non rispondere al saluto.

Senza dire niente si pose alle sue spalle e cominciò a spingere la sedia.
Raggiunsero l’ ascensore e vi entrarono sempre senza dire niente.
Naturalmente  si accorse della freddezza dell’ accoglienza e anche lui, non disse niente.
Sorrideva e si crogiolava della situazione. Solo i rumori delle porte, dei meccanismi e dei passi interrimpevano il silenzio.

Quella risposta lo lascio perplesso. La guardò sornione ma, non disse niente.
Fece un po’ di zapping  e la spense quasi subito.

La guardo con un cipiglio da incenerirla … però non disse niente.
Lei abbassò subito lo sguardo, si rese conto che stava esagerando e che mancava pochissimo a  che lui mettesse in atte le minacce di prima. Fece ricorso a tutto il suo autocontrollo e ricacciò indietro la gelosia.

In silenzio stando bene attenta a non guardarlo negli occhi cominciò a spogliarlo.

Intuì che l’ aveva messa alla prova. Doveva stare attentissimo a come apriva bocca . Forse era meglio se proprio non l’ apriva. Finito di spogliarlo rimase ferma in silenzio in attesa di ordini.

Si morse un labbro per non rispondere se ce la faceva, voleva andare a letto senza punizione.
A scanso di equivoci, spense subito la luce e si preparò il letto nella penombra cercando di fare meno rumore possibile. Non gli augurò la buonanotte. Si spogliò nel lato meno illuminato della stanza,  in modo che lui non potesse sbirciare la sua siluette davanti alla finestra.  Voleva a suo modo punirlo anche lei.