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La professionista

 

La macchina, a causa del traffico pomeridiano procedeva lentamente.
Suki, In silenzio guardava distrattamente fuori dal finestrino.
Si era rimessa la divisa dell’ albergo e come ormai era abitudine sedeva direttamente con la pelle nuda sul cuoio.

Suki non disse niente per lei era anche troppo quello che avevano comperato senza contare  le verghe che aveva nell’ armadietto dello spogliatoio.
Prima o poi avrebbe dovuto dirglielo ma adesso non si sentiva pronta.
Era pensieroso, lo vedeva muto assorto nei suoi pensieri. Era bellissimo ogni volta che lo guardava così di profilo, aveva l’ impulso di baciarlo. Naturalmente se ne guardava bene dal farlo.

Era diventata rossa come un peperone schiacciò il pulsante e parlò in giapponese con l’ autista.
Lo sguardo di Takeo la incontrò attraverso lo specchietto retrovisore.
Lei imbarazzatissima  non lo resse e guardò fuori nascondendo una minuscola lacrima incipiente.
Rimasero in silenzio per diversi minuti.
L’ auto si fermò di fronte ad una villetta di stile occidentale completamente in muratura con un giardino e grandi alberi di ciliegio.

Senza dire una parola si riassettò la gonna e scese dall’ auto.
Vide accendersi una piccola luce azzurrognola sul citofono e vide la ragazza parlare.

La vide parlare con Takeo attraverso il microfono, sussurrava appena,  era giù di corda,  sembrava un cane bastonato.
Girarono dietro l’ edificio ed imboccarono un garage che si stava aprendo in quel momento.
Lo aiutarono a salire sulla sedia a rotelle .

Takeo fece un inchino e uscì dal garage,  Suki invece spinse la carrozzella verso l’ ascensore.
La signora li accolse vestita con un tradizionale kimono dorato.

Si fecero un inchino reciproco, poi la signora indicò un tavolo alto di foggia occidentale.
Era già apparecchiato con il servizio da te. Evidentemente era una cosa che era solita fare con i clienti.
Spinsero insieme la carrozzella verso il tavolo  si sedette anche lei. Suki rimase in piedi alle spalle dell’ uomo. Si sedette solo dopo aver ricevuto un ordine specifico da parte di lui. 
Sorseggiarono il tè verde e mangiarono alcuni pasticcini.

La stanza era molto grande, il rosso ed il nero erano i colori dominanti, era colma di attrezzi strani e inquietanti.
Non appena varcò la soglia si tolse il kimono e rimase in un completo nero da mistress: stivaloni alti fino alla coscia, collant a rete nero a maglie grosse, tanga nero con borchie in metallo, busto di stecche di balena nero con merletti rossi seno nudo e collare di cuoio.
Digli che vorrei cominciare guardando tutti i suoi strumenti uno ad uno.

Aprì un anta di un  grande armadio di legno verniciato di rosso e mostrò tutta una panoplia di strumenti appesi .
Cominciò a mostrare uno ad uno tutta una serie di paddle in legno con varie forme e dimensioni.
Non c’era niente da dire ne prendeva uno lo staccava dal gancio lo mostrava all’uomo e poi lo riponeva. Lentamente senza correre. Quando gli mostrò una hagoita con i buchi la fermò.

Le due donne parlottarono in giapponese, intralciandosi una con l’ altra si diressero verso un carrello rivestito di pelle nera . Suki si fermò, era evidente il grande imbarazzo della ragazza. Miku prese il carrello,  lo mise di fianco alla carrozzina e vi adagiò sopra lo strumento prescelto.
Insieme ai legni aveva messo anche dei paddle di plastica, uno lo trovò interessante.
Era una striscia di plastica trasparente larga 7~8 centimetri lunga, manico compreso circa 50 centimetri era spessa e dura ma nello stesso tempo flessibile. Fece cenno alla donna di non riporlo ma di metterlo nel carrello.
Passò agli strumenti in pelle.
Sempre senza dire niente cominciò con dei paddle di cuoio di varie fogge qualcuno ricamato con dei ghirigori altri a forma di cuore,  leggeri e sicuramente molto amichevoli verso le natiche che avrebbero dovuto disciplinare. Dopo aver costatato un a serie di scuotimenti di testa, gli mostrò quelli più pesanti e sicuramente dolorosi. Ne scelse uno che rassomigliava vagamente ad una racchetta da ping pong  che aveva dei bulloni ribattuti sull’ opera viva. Ed un altro che raffigurava una mano a dita serrate senza bulloni ma spesso e con grosse cuciture tutto intorno. Entrambi finirono nel carrello. E finirono nel carrello anche tutta una serie di “ tawse” ad una, due, tre lingue.
Tutti molto pesanti e sicuramente dolorosi.  Intuendo che l’ uomo  stava cercando strumenti per punizioni vere, Miku comprensivamente, guardò verso Suki  che imbarazzatissima fissava inebetita il carrello che si stava riempendo.
Spinta da una sorta di compassione disse qualcosa in giapponese facendo un grande inchino.

Fece un altro inchino e aprì una seconda anta. 
Nel carrello finirono due frustini da equitazione di diversa lunghezza , quattro canne di rattan con il manico ricurvo all’ inglese di vario spessore e un martinet con 9 code si cuoio lunghe circa 35~ 40 centimetri. Ignorò completamente tutte le fruste lunghe tipo bullwhip.

Parlottarono tra di loro in giapponese.

Parlottò in giapponese con Suki.

Un po’ stupita, con un piccolo sorriso di comprensione, accennò ad un inchino, poi radiosa come una che aveva appena concluso un buon affare, chiuse le ante di sinistra e aprì le ante di destra. Una serie di vestiti appesi alle grucce comparvero con grande effetto scenico. Sull’ ultima anta era montato un grande specchio rettangolare.
Prese la prima gruccia e la appoggiò sul carrello in modo da mostrare comodamente all’ uomo la foggia del vestito.
Era una divisa da poliziotto con al posto dei pantaloni una corta gonna, di panno  in tessuto blu con tanto di cinturone con le manette  e cappello rigido.

Parlottarono tra di loro. Suki sembrava piuttosto concitata.

La donna pur non capendo una sola parola in italiano intuì che Suki  stava entrando in una situazione per lei molto imbarazzante. Mentre si toglieva la cravatta Suki cominciò a tradurre.
La donna fece una serie di grandi inchini verso l’ uomo facendo nel contempo grandi cenni di assenso.

La donna stacco una stampella e rimase in attesa che Suki si spogliasse.
Anche lui la guardava interessato.
Suki era imbarazzatissima davanti a quelli sguardi fissi su di lei, diventava di tutti i colori ed esitava ogni volta che doveva togliersi il capo successivo,  tanto che lui pensò bene di spronarla  ribadendo tutta la sua autorità

Era rossa in maniera vistosissima fin quasi alle orecchie, quando si tolse la gonna fu subito palese che già da prima non portava le mutandine. La donna se ne accorse subito e fece un grande sorriso di compiacimento. Cominciava a guardarla con uno strano sguardo concupiscente. Quasi sicuramente in cuor suo era una lesbica o almeno bisessuale.
Stava togliendosi le calze quando le due donne cominciarono a bisticciare e a scambiarsi battute violente.

Ci fu un attimo di silenzio Suki ormai completamente nuda si mise sull’ attenti dai suoi occhi brillavano dei riflessi dovuti alle lacrime che si stavano formando.
Miku fece un inchino e disse qualcosa in giapponese e indicò verso Suki.

Continuò a parlare giapponese.

Una lacrima era debordata e scendeva sulla guancia. Lui aveva allungato la mano e la stava accarezzando sui peli. Era evidente che stava prendendo in considerazione la cosa.

Si tolse il tanga e abbassò il collant di rete nero.
Lui gli fece cenno di avvicinarsi e le carezzò il pube.
Da un lato Suki con i peli e dall’ altro Miku completamente rasata. Fece un grande sorriso compiaciuto.

Fece un grande inchino di assenso e fece per rivestirsi.

La donna rimase per qualche minuto in silenzio era evidente che stava valutando la richiesta, lo guardava,  guardava verso Suki poi tornava a guardare lui.

Lentamente si tolse gli stivali e li posò in un angolo. Senza i tacchi alti adesso la statura era diventata molto più bassa e aveva perso  anche l’alterigia che gli stivali le conferivano.
Adesso anche visivamente era una sottomessa.

Il costume rappresentava quello che in gergo si chiama “ french maid” cioè una cameriera con un vestito molto corto nero con cuffietta e grembiulino corto, calze autoreggenti nere e scarpe con i tacchi a spillo molto alti, reggicalze nero e mutandine bianche con vistosi merletti bianchi.
Miku faceva il suo lavoro con grande partecipazione. Non dicevano niente ma si guardavano come due leonesse che stavano per sbranarsi. Miku approfittava palesemente dello stato di sottomissione di Suki. Era  evidente il piacere che provava nel palparla e nell’ accarezzarla specialmente quando le mise le calze e le mutandine. Le diede anche un pizzicotto su una coscia.
Le calzava a pennello le due donne avevano una corporatura simile e la medesima taglia.
Sembrava fatto su misura  per lei. Appena ebbe finito Miku prese dall’ armadio un piumino di penne con  un manico di rattan e glielo mise in mano poi si voltò verso di lui e gli fece un profondo inchino.
Batte le mani in segno  di approvazione.

Era radiosa mentre si annodava l’ obi parlò verso di lui.

Cominciò la rappresentazione.
Fece finta di entrare dalla porta e cominciò a guardare in giro parlava in maniera pacata,  si rivolgeva a Suki come se lui non ci fosse. Cominciò a passare il dito sui vari mobili, da attrice consumata cominciava ad alterare la voce e ad arrabbiarsi. Suki dal canto suo era spaventata davvero,  sapeva benissimo che era tutto finto ma sapeva anche che non sarebbe stata finta la sua punizione. Blaterava in giapponese e cercava di spolverare quello che le veniva indicato. Miku si sedette su una ottomana di velluto rosso si sistemò bene il kimono, e si rivolse in tono perentorio alla cameriera. 
Non capiva una parola ma l’ azione era chiarissima. Suki la raggiunse e si mise bocconi sulle sue ginocchia. La voce era minacciosa decisamente autoritaria  tanto che Suki si era messa a piangere  prima ancora di essere punita e implorava davvero. Chissà cosa si stavano dicendo.
Si rimboccò le maniche del Kimono alzò la piccola gonna e cominciò a sculacciarla vigorosamente.
Non fingevano erano pacche vere ed erano grida di dolore vero. Dopo qualche decina di colpi si fermò e tirò giù le mutandine fino a metà coscia.
Guardò con curiosità le natiche e passò le dita sui segni che già erano presenti.
Le domandò qualcosa a riguardo. Suki rispose tra le lacrime, poi, soddisfatta dalla spiegazione,  senza tanti riguardi ricominciò a sculacciarla con altrettanto vigore.  Quando le natiche erano diventate di un rosso vermiglio la fece alzare e si alzò anche lei.
Si fece consegnare il piumino, e lo afferrò dalla parte delle penne.
La fece inginocchiare sul divano e la fece stendere sul bracciolo fino a toccare terra con le mani.
Le mise alcuni cuscini sotto la pancia in modo da rendere più confortevole il contato con il bracciolo e allo stesso tempo alzare ancora di più il culo.

Parlottarono tra di loro ma era evidente la differenza di autorità tra le due. Alla fine Suki rassegnate si zittì e ricominciò a piangere.

Calò il primo fendente strappando un grande grido di dolore a Suki che sbatteva ritmicamente le scarpe sul divano. Era metodica ad ogni colpo ne approfittava per toccarle il culo e carezzarla.
Sembrava come a volerle dare conforto ma era evidente l’ interesse sessuale. A dodici si fermò andò verso di lui e con un inchino gli consegnò il piumino.
Parlando a gesti si fece aiutare ad alzarsi. Suki sul divano piangeva ma restava ferma  in attesa di ordini.
Si slacciò i pantaloni e si fece aiutare a toglierli. Senza aspettare ordini  Miku  con grande compiacimento, cominciando dagli slip, lo spogliò integralmente.
Era evidente il suo stato di eccitazione .
La donna istintivamente fece per prenderlo in bocca   Ma lui la fermò e le indicò una specie di cavalletto inginocchiatoio a pochi passi da loro. Suki pur con il culo praticamente in fiamme ed in evidente stato confusionale manifestò scalpitando quello che era un chiaro segno di gelosia.

Intanto  Miku si era tolta il kimono ed aveva preso da un cassetto una scatola di preservativi.
E gli disse qualcosa in giapponese

Prese il piumino lo diede a Miku e gli fece segno di darle altri due colpi.
Pur non dicendo nemmeno una parola si era fatto capire benissimo.
Miku raggiunse il divano e calò, senza tanti indugi, due fendenti in rapida successione sul culo di Suki. Non voleva perdere tempo ormai era concentrata sul sesso dell’ uomo. Gettò a terra il piumino ed estrasse un preservativo dalla scatola e lo mostrò all’ uomo.
Senza dire niente, con un gesto eloquente protese il suo membro verso di lei.
Suki aveva ripreso a piangere, sia  per il dolore che per la rabbia.
La vide sorridere mentre con grande maestria gli infilava il preservativo, l’ avrebbe strozzata , era evidente di come pregustasse quello che stava per accadere.
Fece per calarsi il collant ma lui la fermò e la invitò a salire sull’ inginocchiatoio.
Era una specie di cavalletto di legno rivestito con pelle nera e decorato con borchie argentate.
Aveva due supporti laterali dove la corrigenda poteva mettere le ginocchia. Erano sistemati leggermente in avanti in modo tale che il bacino sporgesse verso il tutore. Le gambe erano costrette aperte e risultavano accessibili tutti gli orifizi. Con molta calma cominciò a legarla. Il cavalletto era predisposto con apposite cinghie. Cominciò con le caviglie le ginocchia poi il busto ed infine i gomiti e  i polsi. Era una bella donna ed aveva un culo notevole. Il cavalletto era fatto in modo tale che alla fine, l’altezza  del bacino da terra, era proprio giusta  per una penetrazione da parte di un uomo di media altezza. Un apposito incavo del pianale  rendeva accessibile anche la fica  Infine una leggera discesa del pianale di appoggio del busto, rendeva  estremamente agevole l’afflizione delle natiche delle cosce e della schiena. Insomma uno strumento perfetto.
Si portò dietro di lei  infilò due dita dentro una maglia del collant e lo lacerò all’altezza degli orifizi.
La penetrò senza nessun preambolo. La serrava per le maniglie dell’ amore e la scopava con vigore.
Lei mugolava di piacere e non fingeva si vedeva benissimo. La lubrificazione naturale era il segno più evidente. Miku aveva lasciato da parte la sua professione era una donna che stava scopando con uno degli uomini più belli e famosi della formula uno. Si agitava e rispondeva all’azione coitale.
Il corsetto di stecche di balena le dava fastidio e dava fastidio pure a lui se ne era accorta. Chiuse gli occhi e si concentrò sull’ orgasmo che stava per arrivare. Avrebbe preferito essere libera, ma non poteva, contrasse tutti i muscoli e con un grido liberatorio venne. Lui si ritrasse  e senza dire niente si diresse verso l’ armadio,  armeggiò un po’ e ritornò con una specie di pugnale,  tagliò i lacci del corsetto, slacciò la cintura che teneva fermo il busto e facilitato dalla donna lo estrasse  e lo gettò sopra un altro cavalletto poco distante .
Senza riallacciare la cintura dorsale ritornò dietro di lei e la penetrò dandole dei piccoli buffetti sulle natiche. Dopo aver ripreso un po’ di turgore lo estrasse e puntò al secondo orifizio.
La cosa era più complicata la donna per facendo il mestiere non era evidentemente  avvezza a quella penetrazione.
Parla e diceva qualcosa che però Suki non traduceva.

Suki,  quasi anchilosata dalla posizione, ritirò le mani da terra e si mise sempre bocconi in una posizione più comoda.

Le due donne parlottavano a distanza ma era evidente che non era una conversazione amichevole.
Miku era in evidente apprensione continuava a parlare verso Suki che gli rispondeva ma evidentemente non a tono visto che Miku insisteva  e si agitava sempre di più.
Sempre più eccitato l’ uomo si era aggrappato ai fianchi e spingeva con sempre maggiore insistenza.

Si Fermò si diresse verso il cassetto e prese lo spry.

A due mani fini di squarciare il collant che ormai non copriva più le natiche. Allargò la fessura e spruzzò verso lo sfintere.

Rispose con un mugolio rassegnato che non aveva bisogno di traduzione.
In effetti fu molto più agevole. Sistemo per bene il glande e dopo pochi colpi ben assestati cedette quasi di schianto. Emetteva dei gridolini isterici e mugolava roca tentando di limitare la penetrazione ma lui colpo dopo colpo, centimetro dopo centimetro avanzava dentro di lei con insistenza implacabile. Si fermò solo quando  era sprofondato del tutto e non aveva più niente da spingere dentro. La lasciò rilassare. Si accoccolò sopra la sua schiena e le baciò il collo dove il collare lasciava un po’ di spazio.
La ragazza adesso diceva tra i sospiri,  qualcosa di articolato, ma lui non la capiva.
Si mosse lentamente dentro di lei piano per non farle male …  lei mugolava e diceva qualcosa.

Cominciò piano piano a fare avanti e indietro  usciva quasi tutto e poi sprofondava dentro,  a volte piano a volte con vigore … dava due o tre colpi poi si fermava lento piano, poi forte giù due o tre colpi usciva lento e poi entrava lento. Miku mugolava e gorgogliava senza pausa. Diceva delle parole  agitava la testa. Lui non la ascoltava più, aveva chiuso gli occhi e si stava prendendo   il suo piacere. Si accoccolò sopra la donna senza uscire dal suo corpo. Rimase li per diversi minuti accarezzava le guance della donna , le braccia legate, dava dei piccoli bacetti sulla schiena e scese ad accarezzare i seni fin dove poteva arrivare. Suki senza apparente motivo si era messa a piangere.
Dopo un tempo che a Suki parve un eternità, si alzò e si tolse il preservativo.
Aveva bisogno di stendere la gamba, andò verso il divano. Scacciò con uno sculaccione Suki , si sedette sulla ottomana,  si fece aiutare a mettere la gamba sul pianale. Si distese praticamente nudo sui cuscini.

Si presentarono con un inchino davanti a lui Miku stava per dire qualcosa ma lui la bloccò.

Miku si tolse quel che rimaneva dei collant,  prese anche il preservativo usato e li getto entrambi nel cestino. Aiutò Suki a riporre il vestito sulla gruccia.

Le sentiva armeggiare ed intravide che si stavano aiutando a vicenda.
Dopo diversi minuti le senti mettersi davanti a lui. Alzò la testa e riaprì gli occhi.
Suki era vestita completamente di bianco  a parte una piccola croce rossa su un taschino non vi erano altri colori che il bianco. Impersonava una infermiera con un vestito strettissimo corto fino a metà coscia , che aveva una scollatura di tipo a camicia ma molto bassa che metteva in vista gran parte del seno. Calze autoreggenti con un alto bordo elastico ricamato che arrivavano anche esse a metà coscia quasi a sfiorare il vestito, scarpe dalla suola altissima con tacchi a spillo e come accessori una cuffietta bianca con una spilla a forma di croce rossa, una cintura di cuoio  bianca alta tre dita ed infine non poteva mancare uno stetoscopio appeso al collo come una collana.
Miku invece era completamente coperta a parte il viso e le mani  non aveva pelle esposta. Rappresentava una cameriera di epoca vittoriana completamente vestita da un lungo vestito nero un grande grembiule  bianco  con tanti merletti svolazzanti, cuffia  bianca, scarpe nere di tipo alla polacca con una lunga allacciatura sul davanti. Apparentemente non aveva niente di sexy.

Tirò giù la gamba e si sedette meglio sul divano.

Era superba aveva una curvatura delle natiche che era assolutamente perfetta. Le mutandine comprese nel costume, erano molto strette e relativamente trasparenti. Era impossibile non accarezzarle. Erano molto belle ma resistettero molto poco al loro posto. Presto calarono fino a alle ginocchia. Le natiche erano indubbiamente molto provate dalle precedenti punizioni, nonostante ciò incominciò a calare delle sculacciate secche è forti. Si fermava spesso e la accarezzava quasi a volerle lenire il dolore ma poi ricominciava a sculacciarla. Impietosito dalle suppliche si fermò e cominciò ad accarezzarla.  La mano si diresse verso la fessura e vi entrò senza tanti complimenti. Non era affatto lubrificata era secca e ostile. Non era una masochista naturale questo ormai era chiaro. Le sculacciate non la eccitavano e questo era poco ma sicuro. Miku gli stava dicendo qualcosa

Aveva dato uno sguardo a Miku quasi a volerla incenerire. Gli consegnò la cinta e si rimise bocconi in preda alle lacrime.
Miku con un inchino gli fece cenno di avere la cintura. Incuriosito gliela diede.
Con gesti rapidi e precisi la rivoltò,  la fece passare dentro a quell’ asola di pelle che in condizioni normali contiene la parte che eccede la circonferenza, chiuse la fibbia a rovescio così che la fibbia stessa diventava un manico di uno inaspettato “strap”  a doppio spessore.
Non poté fare a meno di applaudirla.

Con gesti eloquenti  la invitò a colpire quelle natiche che aveva in grembo.
Con una mano teneva i polsi di Suki dietro la schiena e con l’ altra   cingeva la parte alta delle cosce.
Allontanò leggermente il busto per facilitare l’ operazione e fece cenno di iniziare.

Lo “strap” non era solo bello, era anche efficace.  Lasciava delle larghe e vistose strisce violacee.
Dovette faticare molto per tenerla ferma. Quel continuo sfregamento però lo stava facendo eccitare di nuovo. Fece cenno  a Miku di fermarsi ma, lui continuò a strofinarsi la pancia nuda di Suki, sul suo cazzo ormai risvegliatosi. Ormai era chiaro a tutti che si stava masturbando  adoperando Suki come un matterello. Si rese conto che era proprio stupido, si fermò e quasi a farsi perdonare, cominciò ad accarezzarla con tenerezza , baciò più volte quelle natiche maltrattate.
Suki piangeva.
Miku si rifece avanti per continuare ma lui, la fermò con un gesto perentorio.
Decise che per oggi Suki ne aveva prese a sufficienza e a meno che non lo avesse provocato, l’ avrebbe  lasciata in pace. Per non correre rischi glielo disse proprio.

Si fermarono tutti per qualche minuto.
Lui si adagiò sui cuscini della spalliera, meccanicamente sovrappensiero, continuava ad accarezzarla.
Suki aveva smesso di piangere.  Per qualche secondo ci fu un silenzio quasi irreale, completamente diverso dalle grida dagli schiocchi di prima.
Miku, senza che nessuno glielo avesse ordinato si era inginocchiata davanti a lui, era entrata completamente nella parte, teneva la cinghia a due mani come su un vassoio, era una ” maid vittoriana” in attesa di ordini.
Suki forse senza rendersene conto o forse si comunque, faceva dei piccoli movimenti come per mettersi più comoda, però non erano movimenti senza conseguenze. Fatto sta che i due sessi pur messi a traverso erano proprio a contatto e quello di lui era ritornato in piena erezione. Aveva un desiderio fortissimo,  con grande autocontrollo la sollevò di peso e la fece inginocchiare a terra accanto a Miku, lontano dal suo cazzo.
Suki fece un borbottio, non si capì bene se di delusione o di sollievo. Teneva la testa bassa e non poté captare nessuna espressione.
Cercò di riprendere il controllo. Doveva cambiare l’oggetto dei pensieri. Non poteva violentarla lì.
Si risollevò a sedere.

Inginocchiate fianco a fianco parlottarono tra di loro, un po’ troppo a lungo,  era evidente che non aveva tradotto solo quello che lui gli aveva chiesto.

Miku  a quelle parole, alzò le sopracciglia come a dire “ povera te”

Fece un grande sorriso quasi una risata. Anche Miku sorrise.

Parlottarono tra di loro ma senza guardarsi,  entrambe guardavano lui.

Prese Suki per un braccio se la tirò su attraverso la gamba buona e preso le natiche tra le mani le mostrò a Miku.

Rimase sorpresa.  Non oppose la minima  resistenza all’ essere spostata come un oggetto però non poté fare a meno di sentire sotto la sua pancia che il sesso dell’uomo si era un po’ rilassato.
Gli ci volle qualche secondo per mettere a fuoco quello che gli stava chiedendo.

Suki fece un inchino di assenso e non disse niente.

Senza dire niente Miku  si alzò, posò la cinghia sul carrello,  prese i tre tawse e con un grande inchino li porse all’ uomo.

Prese i Tawse dalle mani della ragazza e cominciò ad esaminarli attentamente.

Miku continuava a parlare.

Le due donne parlottarono tra di loro poi entrambe si misero a rivestirlo.
Continuavano a parlottare tra di loro.

Non c’era bisogno di capire il giapponese, bastava guardare le espressioni.
Gli occhi che si spalancavano per l’ incredulità la gioia che compariva sul volto man mano che Suki parlava ed infine il sorriso radioso.
Miku gli si mise di fronte fece un profondo inchino formale e con un filo di voce tremante disse qualcosa.

La felicità di Miku era incontenibile quasi imbarazzante.

Senza neanche pensarci un attimo allungò la mano. Miku la prese. se l’ appoggio sulla fronte come a farsi benedire, poi con grande formalismo la baciò.
Lo fecero sedere sulla sedia a rotelle e si diressero verso l’ascensore. 
Le due donne bisbigliavano tra di loro. Gli sembrò di sentire la parola sushi, pensò che forse stavano parlando di cucina, invece.

Fermo la carrozzina bloccando le due ruote grandi.

Oltre a quelli già visti vi erano solo altri due abiti uno da scolara molto simile a quello che avevano comperato al supermercato e uno da suora ma plastificato e falso che risultava cafone quasi da “drag queen”.

Parlottarono tra di loro. Miku fece un cenno di assenso mise il corsetto sul carrello e l’ aiutò a cambiarsi di abito.
Questa volta senza nessuna compiacenza o lascività.

Le due donne parlottarono tra di loro. Vide Suki fare cenni di assenso.

Senza dire una parola e senza essere aiutato da nessuno facendo forza sui braccioli si alzò in piedi e fece un inchino verso la donna

Miku era radiosa gli prese una mano e la baciò con un grande inchino.
Si diressero verso l’ ascensore Suki spingeva la sedia Miku passando davanti al carrello prese i tre Tawse ed una canna a manico ricurvo. Si rese conto che non aveva preso quella più pesante,  ma non disse niente

La porta dell’ ascensore si richiuse e le due ragazze cominciarono a parlare tra di loro in giapponese.

La porta dell’ ascensore si aprì e andarono verso una sala arredata in stile inglese dal sapore vagamente coloniale.

Si rivolse verso l’ uomo. E tradusse solo la parte riguardante la casa.
Lo aiutarono a sedersi su un divano damascato verde scuro.
Miku fece un grande inchino.

Le raccontò in poche parole la filosofia che aveva l’uomo al riguardo e anche i tentativi falliti per avere comunque con lei un rapporto sessuale.

Rimase muta pensierosa e turbata.
Miku  si accorse che l’ uomo, indifferente alla rivista che gli era stata data per passare il tempo, le guardava con grande interesse.

Rimase veramente sorpresa.

Suki sbirciò verso di lui poi obbedì all’ ordine.

Riagganciò il telefono di nuovo.

Le diede un ceffone in pieno viso

Una voce dalla sala intervenne imperiosa.

Disse all’ interlocutore al telefono di aspettare un attimo, coprì con la mano il microfono e poi sbottò.

La spiegazione era convincente, riagganciò scusandosi il telefono e si diresse verso l’ uomo.

Ritornarono verso il telefono.

Il telefono questa volta squillò subito.