L'incidente
La sospensione anteriore destra cedette di schianto.
La macchina, dopo aver rimbalzato due o tre volte sulla sabbia della via di fuga, s'infilò dritta come un fuso tra le gomme che proteggevano il muretto.
L’incidente fu spettacolare e inquietante. Per diversi minuti, visto che il pilota non si muoveva, sembrava fosse accaduto il peggio, sembrava fosse morto, il cronista aveva drammatizzato l’ avvenimento in maniera tale che si era creato un clima di tragedia. Dopo diversi minuti lo estrassero dall’ abitacolo e si mosse , riprese conoscenza e tutto si risolse praticamente senza conseguenze.
Lo dimisero subito nel tardo pomeriggio.
In sostanza, aveva solo una lussazione alla caviglia destra e un paio di ammaccature all’altezza delle spalle, dove le cinghie lo avevano trattenuto.
La notizia era stata ripresa dai notiziari che avevano trasmesso anche il replay dell’incidente.
Vi era una piccola folla di giornalisti e di curiosi che lo seguirono sin dentro all’albergo.
Ci volle quasi tutto il personale in servizio per arginare i giornalisti che avrebbero voluto intervistarlo e i fans che volevano un autografo.
Come da regolamento, fu portato sin dentro alla suite con una sedia a rotelle.
Fu il direttore in persona a staccare una ragazzina che si era aggrappata ad un bracciolo e a chiudere la porta prima che potesse entrare.
Due fattorini lo sollevarono di peso e lo fecero sedere su una poltrona, poi vide Mitsuki che spingeva fuori tutti, direttore compreso, chiudere la porta, rimanendo solo lei all’interno.
Rimase per qualche minuto ad occhi chiusi sprofondato nella morbidezza della poltrona.
Il silenzio adesso era profondo.
Pian piano ricominciava a connettersi con il suo cervello gli sembrava … Mitsuki.
Aprì gli occhi e sorpreso, davanti a se non vide nessuno.
Girò leggermente la testa e la vide in ginocchio, alla maniera giapponese, a due metri dalla sua destra.
Si alzò e prese da un armadio qualcosa.
S' inginocchiò davanti a lui e a due mani in segno di offerta gli porse una verga di bambù.
Così dicendo appoggiò la testa sul pavimento in segno di profonda sottomissione.
Mitsuki si alzò repentina, prese un carrello evidentemente già predisposto, da un angolo della stanza
E cominciò ad apparecchiare la tavola vicino alla finestra.
Rapida come una folgore senza nessun indugio e senza che lui riuscisse a vedere niente di interessante, si sfilò i collant e li gettò nella pattumiera dietro la porta del bagno. Si sciacquò le mani e riprese ad apparecchiare.
Rimase un po’ deluso aveva sperato di vedere qualche centimetro di pelle … e però adesso il destino si poteva anche guidare, se i fatti non accadono da soli si possono sempre provocare.
Si voltò con sguardo interrogativo
Gliele porto e con molto formalismo gliele porse a due mani.
Prese il menu e cominciò a scorrere le varie voci.
L’albergo aveva per fortuna, anche un menu internazionale, optò per una classica bistecca di manzo con patate.
Vino rosso e insalata verde cruda.
Mitsuki annotava diligentemente l’ordinazione su una apposita scheda però non poteva fare a meno di gettare ogni tanto uno sguardo a quelle forbici …
Fece un inchino e si diresse al telefono poche frasi in giapponese poi ritornò verso di lui
Claudicante, a piccoli passi, appoggiandosi alla sua spalla raggiunse il tavolo e si sedette.
Gli portò le forbici che erano rimaste sulla poltrona
Sgranò gli occhi ma non disse niente si voltò cominciava ad essere preoccupata.
Infilò le forbici nella gonna e ritagliò un grosso cerchio proprio all’altezza delle natiche.
Bussarono alla porta.
Girò la testa verso di lui in attesa di ordini.
Era rossa come un peperone imbarazzatissima.
Lui sorrise e gli fece cenno di aprire.
Era uno spettacolo guardarla andare verso la porta.
Prese il carrello delle vivande e stando bene attenta a non voltarsi lo trascinò dentro, fermò il fattorino che nel frattempo era entrato e tenendosi con le spalle verso la parete parlando in giapponese lo congedò con un grande sorriso.
Chiuse la porta con un gran sospiro, era rossa come un carbone ardente.
Sorrideva divertito
Appoggiò le mani sul tavolo e si chinò mostrandogli il posteriore.
Era difficile non pensare. Era rossa fino alle orecchie.
Era imbarazzata, lo si vedeva subito. Deglutiva continuamente.
Lui sorrideva compiaciuto.
Sentiva le mani di lui che armeggiavano con le sue mutande, era evidentemente indeciso, prima gliele arrotolò in mezzo alla fessura poi le tirò verso l’alto facendola alzare sulle punte dei piedi
Infine senti due tagli netti e sentì l’elastico allentarsi.
Obbediva senza battere ciglio ma si vedeva che era in subbuglio emotivo.
L’eleganza dei movimenti era venuta meno. Si chinava con riluttanza i suoi gesti erano poco fluidi.
Mentre riportava anche la bottiglia dell’acqua verso il carrello, le mutandine ormai strappate, scivolarono sotto la gonna e caddero sul pavimento.
Istintivamente le raccolse poi riprese il bicchiere e lo portò verso la tavola.
Mitsuki fece un salto di paura e si inchinò balbettando qualcosa in giapponese.
Sarebbe voluta sprofondare sotto il pavimento. Si gettò ai suoi piedi e tra le lacrime continuava a Balbettare delle scuse in giapponese.
La ragazza si alzò in piedi e rimase sull’attenti, a testa bassa, in attesa di ordini.
Tremante allungò la mano e gliele porse.
Le stese sul tavolo. Le lisciò con cura poi le arrotolò fino a farle diventare una piccola palla.
Non fece nessuna resistenza se le fece mettere in bocca poi fece un grande inchino.
La cena andò avanti senza altri intoppi furono molti i viaggi verso il carrello e furono molti gli inchini. La mandava continuamente con ogni pretesto. Aveva un culo davvero superbo.
Fece un grande inchino di assenso.
La guardò attentamente mentre si dirigeva verso il carrello.
Ritornò con la mousse.
Non potendo rispondere Suki faceva continuamente cenno di si con la testa.
Prese di nuovo le forbici e ritagliò una mezzaluna dalla parte posteriore della giacca.
La ragazza aveva gli occhi lucidi si avvicinò al telefono fece alcuni numeri, poi poco prima di rispondere, si tolse le mutande dalla bocca. Poche frasi in giapponese e riagganciò.
Fece cenno di no con la testa e si rimise le mutande in bocca.
Aprì la porta fece cenno al cameriere di non entrare prese il vassoio e richiuse la porta senza nessuna formalità.
Era stata brava non aveva dovuto dire niente.
Andò verso il carrello al centro della stanza, coscientemente rivolse le terga al suo signore e con un profondo inchino posò il vassoio. Intuiva che lui la stava guardando morbosamente. Era attanagliata dall’imbarazzo ma sapeva di doverlo fare. Armeggiò con la tazza e lo zucchero, poi riprese il vassoio e lo servì con un profondo inchino.
Il caffè faceva quasi schifo era una brodaglia imbevibile.
Squillò il suo cellulare. Allungò l’antenna e rispose. Era il suo manager il giorno seguente avrebbe dovuto sottoporsi per sicurezza ad una nuova visita medica approfondita
-Va bene si … alle otto Okkey, ma non mandare l’ambulanza, non facciamo la processione.
Mandami un auto discreta, Ah! Una cosa importantissima mandami una di quelle macchinette per il caffè con le cialde, Il caffè qui fa proprio schifo … ma come dove la trovi ? Trovala … si … Lavazza va bene.
Chiuse il cellulare e lo posò sul tavolo continuava a guardare fuori verso il cielo che era diventato rosa per il tramonto. Rimase a contemplarlo per alcune decine di secondi.
Voltò la testa e vide Suki che, in ginocchio a due passi dalla sedia, aveva raccolto la verga di bambù e la porgeva a due mani verso di lui.
La prese ne tastò la flessibilità e la fece saettere un paio di volte in aria.
La ragazza scosse la testa in segno di diniego.
Era la prima volta che si chiamava con quel nome.
Si alzò in piedi e prese da un cassetto un taccuino ed una penna e rimase in attesa di ordini.
Si mise a ridere di cuore. Anche Suki per analogia si mise a ridere. Decise di continuare a divertirsi.
Diventò muta e abbassò la testa.
Fece cenno di si con il capo ma non disse niente.