Veronica
Ho ricevuto questa lettera, proveniente dalla bellissima città di Padova. Penso che ogni commento, in merito al contenuto della stessa, sia del tutto superfluo e la propongo, quindi, tale quale l’ho ricevuta.
Paul Stoves
Carissimo Paul,
scusa se mi sono permessa di scriverti questa lettera e fartela giungere tramite il comune amico Vinicio: so che siete così amici…, spero solo che, per questa mia impertinenza, non debba essere sculacciata da entrambi…, sì, capisco, sarebbe eccitantissimo, ma credo anche che il mio culetto porterebbe i segni delle vostre grosse mani per lungo tempo!
In ogni modo, io mi chiamo Veronica ed ho ventitré anni suonati. Ho un paio di chiappe rotonde, ben sode ed elastiche – grazie alla continua attività fisica (corro in bicicletta) – con un marcato, largo e profondo solco intergluteo nel bel mezzo del quale è piantato qualche pelo riccio e scuro. Scrivo questa dettagliata descrizione del mio culo perché, le natiche, mi piacciono più di qualsiasi altra parte del corpo umano: maschili o femminili che siano. Il culo è diventata una vera ossessione. Il piacere che provo per questa meravigliosa parte anatomica, lo devo, in modo particolare, ad una mia collega d’ufficio.
Questa ragazza, che per ovvi motivi chiamerò Elena, è una lesbica dichiarata ed inveterata. Ho rifiutato per lungo tempo le sue avance ma, recentemente, mi sono lasciata andare ed ho ceduto al gioco erotico che preferisce: la sculacciata.
Elena è riuscita, alla fine, ad impormi questo gioco perverso e malizioso che avviene, ogni settimana, nella giornata di venerdì; nel tardo pomeriggio, durante la pausa per il caffè, sulla comoda poltroncina del suo ufficio. La mia amica chiude con due mandate la porta per non essere disturbata da una visita indiscreta.
Il mio cuore batte forte e, quando mi ordina di prendere posizione, stesa sulle sue ginocchia, sono spesso tachicardica.
Con la testa penzoloni all’altezza delle sue belle gambe snelle e velate da calze di nylon, sento le mani affusolate di Elena che giocano con la mia gonna, sollevandola sulle reni inarcate ed offerte al cocente castigo. Le sue dita sinuose si infilano sotto l’elastico delle mie mutandine che, per l’occasione, devono essere rigorosamente di cotone bianco candido ed immacolato.
Comincia con il palparmi abilmente e con sapienza le natiche su tutta la loro superficie. Sento i suoi polpastrelli percorrere il mio culetto in lungo ed in largo…, che dita morbide ha, spesso si insinuano nel solco mediano per raggiungere le parti più nascoste e recondite del mio corpo.
Dopo pochi istanti, il minuscolo indumento che ancora la separa dalla completa vista del mio sederino, incomincia ad essere abbassato con lentezza esasperante. Poco a poco, le mie natiche nude sono offerte alla visione di quella libidinosa di Elena che si bea delle loro fattezze e rotondità.
La prima sculacciata mi colpisce nel bel mezzo del culo, solitamente accompagnata da una frase tipo:
- Tieni, puttanella! Questo ti insegnerà a resistermi!
Segue un secondo sculaccione, ancora più bruciante del primo. Il terzo, il quarto, il quinto…, più secchi e più forti.
Poi, non li conto più.
Il culetto è rapidamente in fiamme ed assume una colorazione che parte dal rosa tenue e raggiunge il rosso scarlatto.
Dolore ed eccitazione si fondono assieme facendomi provare sensazioni indescrivibili. Sono in solluchero. Solo chi ha ricevuto una bella sculacciata può capirmi…, lo so.
La mia sculacciatura, di solito, dura una quindicina di minuti. Esaurita la rabbia, Elena si ferma e mi accarezza l’epidermide tesa e dolorante. Ogni centimetro di superficie del culetto è scrupolosamente esaminato. Segue la parte più umiliante, e per me più vergognosa, di tutta l’operazione: Elena mi separa con esasperante lentezza e progressione il solco che separa le natiche e ne esamina accuratamente l’interno.
Il buchetto è oscenamente dilatato ed esposto.
Durante questi interminabili istanti mi vergogno talmente che la supplico incessantemente di farmi rimettere le mutandine.
Incurante delle mie lamentele, Elena mi trattiene saldamente sotto il suo braccio e, ancora posizionata sulle ginocchia, riprende a sculacciarmi. Questa volta, però, non è più la sua mano affusolata a percuotere il mio culetto, ma un robusto righello di legno che la mia amica tiene sempre in bella mostra sulla sua scrivania. Anche il bersaglio cambia leggermente, ed il suo particolare interesse è ora concentrato verso l’interno del solco mediano dove la pelle è molto più delicata e sensibile. Inoltre, devo subire l’onta e la vergogna di sentire Elena che mi passa una matita – o qualcosa di simile – lungo la riga del culo.
Con la punta di questo improprio strumento mi titilla l’orifizio anale e lo stimola in tutti i modi possibili.
Io mi dibatto energicamente, scalciando. Ogni volta che sento la punta avvicinarsi ad uno dei miei orifizi la supplico di smettere. La prego di non umiliarmi con una penetrazione del genere ma lei, imperterrita, continua incurante delle mie vane parole.
Non solo, a volte, oltre alla penetrazione effettuata con una matita, o simili, Elena mi sodomizza con un dito. Prima, me lo porge da leccare, in modo tale da lubrificarlo con la mia stessa saliva, poi, con calma, me lo infila delicatamente nel buchetto posteriore.
- Senti come scivola bene, porcellina? Brava, l’hai leccato bene e ti entra senza farti del male…, chissà quante volte ti avranno misurato la temperatura nello stesso modo, vero? Ora muoverò il dito che è dentro di te, adagio, adagio e sono certa che ti piacerà moltissimo.
Mentre proferisce queste frasi mi strizza i capezzoli inturgiditi sino a farmi urlare di dolore.
Nello spazio temporale di una trentina di minuti, tutto è terminato ed entrambe abbiamo abbondantemente goduto. Purtroppo, però, questo avviene una sola volta la settimana ed io ti ho scritto affinché tu potessi aiutarmi nel trovare qualche amica con la quale giocare più spesso a questo splendido gioco che tutti ci accomuna: la sculacciata.
A presto,
Veronica.
P.S.: cosa ti vuò, se no xe mati, no li vogliamo!
Segue recapito, ovviamente omesso.