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La signora Franca

 

Erano circa le diciannove e trenta di una bella giornata di fine estate.

La più elegante ed esclusiva boutique di una piccola cittadina di provincia chiuse come ogni tardo pomeriggio i battenti. La signora Franca B., la titolare, cinquant’anni ben portati e non dimostrati, si rivolse alla commessa con un ironico sorriso sulle labbra. Quest’ultima, Antonietta, aveva trentaquattro anni e anch’ella non li dimostrava per nulla.

“Se non sbaglio, fra noi c’è ancora un piccolo conticino in sospeso per la faccenda di questa mattina, non è vero? Bene, vediamo di regolarlo subito, così non ci pensiamo più.”

Con le lacrime agli occhi, la bell’Antonietta implorò la propria datrice di lavoro di soprasedere e i risparmiarle, almeno quella volta, la tremenda umiliazione che tanto offendeva i suoi trentaquattro anni di donna matura.

“Oh, la prego signora, sono una donna sposata, con due figli… una madre di famiglia… non può trattarmi così… come una ragazzina…”.

La signora Franca fu, come sempre, inflessibile.

“Poche storie, cara la mia Antonietta. Ne abbiamo già discusso infinite volte e sa benissimo come la penso sull’argomento. Finché resterà alle mie dipendenze dovrà sottostare ed accettare le mie regole… sculacciate comprese! Coraggio, dunque, si rimbocchi la gonna in vita e tenti di prendere la sua meritata punizione con un minimo di dignità, almeno per una volta”.

Rossa in viso sino alla radice dei capelli, la povera Antonietta non osò replicare e sollevò con esitazione e titubanza, anche se a piene mani, la gonna né lunga né corta che indossava quel pomeriggio. Tale operazione mise in bella mostra sia le sue gambe lunghe, sia le minuscole mutandine di cotone bianco.

Antonietta s’avvicinò con piccoli passi tremanti alla sua castigatrice.

Seduta comodamente su di una sedia nel retro del negozio, la signora Franca si rimboccò la manica della camicia azzurra che indossava sotto il completo gessato e si riassettò la gonna sul grembo.

“Che cosa aspetta? Venga immediatamente qui, si accomodi sulle mie ginocchia…”, ordinò la signora Franca con tono sarcastico.

Il bel culo pieno e tondo d’Antonietta si trovò in perfetta posizione, inarcato a dovere, compresso e pulsante nelle mutandine bianche, tese fino all’ultima piega.

L’imperturbabile sculacciatrice completò l’opera di denudamento del culo d’Antonietta: afferrò per l’elastico lo slippino bianco e facendolo scivolare lentamente e progressivamente giù per le arcuate natiche della ragazza lo fece discendere fino a metà delle cosce tornite.

Il culo nudo d’Antonietta divenne tutto un fremito e la donna, travolta dalla vergogna e dall’umiliazione, si mise a singhiozzare sommessamente nascondendosi fra le mani affusolate e nervose il bel viso ovale dall’incarnato scarlatto.

“Santo cielo… alla mia età… che… che vergogna…”.

La signora Franca, imperturbata, non si scompose e continuò nelle sue operazioni preparatorie.

Quello che la interessava in quel preciso istante era il delizioso ed invitante culo della sua commessa, liberamente e debitamente esposto agli sguardi penetranti ed indagatori nonché alle sue mani castigatrici.

Le sculacciate a mano aperta cominciarono a cadere, squillanti e ben ritmati, alternativamente su entrambi i globi gemelli: uno sulla natica destra, l’altro su quella sinistra e così via. Ben presto, i mappamondi furono in fiamme.

Ad ogni sculacciata, il culo della punita sobbalzava leggermente sul grembo, s’inarcava, le natiche si tendevano spasmodicamente nervose e la fessura mediana s’allargava invitante a mostrar, senza ritegno e pudore alcuno, la polposa fichetta ed il recondito buco del culo.

Dopo la cinquantesima sculacciata, tutto il coraggio e la dignità di cui la trentaquattrenne Antonietta s’era sforzata di dare prova vennero miseramente meno.

“Oooh… oooh… basta… per favore… brucia… ho il fuoco…signora, la supplico… no… basta…”.

“Ah, certo!”, rispose beffarda la signora Franca “fanno male le sculacciate sul culetto nudo! La prossima volta vedrà che sarà più cortese ed attenta con una delle nostre migliori clienti… se si comporterà a modo eviterà di ritrovarsi sulle mie ginocchia con la gonna in vita e le mutandine alle caviglie”.

Strilli e pianti, contorsioni e sgambettamenti non impedirono in ogni modo alla signora Franca di condurre al termine la sua opera entro i limiti ben definiti e precisi che s’era prefissata

Centocinquanta sculacciate a mano nuda, metà impartite sulla natica destra, le rimanenti amministrate sull’altro globo: la dose minima.

“Ora, cara Antonietta, si tiri su le mutandine e si sistemi decorosamente… può tornare a casa… la sua famiglia l’aspetta!”

Così dicendo, la signora Franca B. si massaggiava con soddisfatto compiacimento, l’una contro l’altra, i palmi arrossati delle mani.