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Irene

 

Mi scrive, tramite l’infaticabile Vinicio, una studentessa dell’università di Padova, la ventitreenne Irene. Questa simpatica ragazza, che ho avuto il piacere di stendere sulle mie ginocchia più di una volta durante la scorsa estate, racconta una sua reale esperienza di vita vissuta: mi rendo conto che questa potrebbe sembrare una storia incredibile ma, conoscendo Irene…

 

Inutile sostenere che, qualora Vinicio accertasse il contrario, Irene si troverebbe presto in una scomoda posizione che ben le si addice: questa volta, però, lo strumento punitivo sarà differente ed invece delle mani e della spazzola, la ragazza farebbe conoscenza con il britannico e temuto “cane”.

 

Paul Stoves

 

Ricordo che, qualche mese orsono, litigai con una mia amica a causa di un ragazzo che piaceva a lei ma che corteggiava me.

 

Alcuni giorni dopo quest’increscioso fatto, questa mia amica – che chiamerò Rosanna – m’invitò nel suo appartamento per fare – così disse lei – la pace.

 

Confesso di essere sempre stata un poco soggiogata da Rosanna e quando giunsi a casa sua ella mi lasciò solo il tempo di sfilarmi il cappotto che indossavo poi, senza troppi giri di parole, asserì che intendeva severamente punirmi perché facevo la “civetta” coi ragazzi.

 

Essendo fisicamente dotata e, conseguentemente, più forte di me, mi vidi costretta a fare buon viso a cattiva sorte.

 

Mi condusse, strattonandomi, in camera.

 

Si sedette comodamente sul letto rivestito da una deliziosa coperta di raso violaceo e, a forza, mi fece stendere sulle sue ginocchia velate da scure calze di seta. Incurante delle mie vive e scandalizzate proteste, mi sollevò la gonna di panno che indossavo. Impugnata la spazzola per capelli che giaceva su di un ripiano che fungeva da comodino, m’impartì immediatamente una decina di colpi secchi e decisi che caddero inesorabili sul fondo delle mie mutandine di cotone, bianco ed immacolato.

 

Anche se pochi, quei tremendi colpi brucianti produssero, con inimmaginabile immediatezza, un dolore lancinante diffuso su tutta la superficie delle mie povere natiche tese e pulsanti. Incapace di trattenere le grida, mi misi a strillare per l’intenso bruciore a cui non ero assolutamente abituata.

 

Rosanna, con un’espressione più che severa, m’apostrofò ironicamente così:

 

- “Ma, ti lamenti già? Che cosa succederà allora quando ti abbasserò anche le mutandine? Quando ti sculaccerò sul culetto totalmente indifeso e nudo?”

 

Detto, fatto!

 

Infilando con delicatezza e sensualità le sue dita sotto l’elastico delle mie mutandine, le fece discendere con studiata ed umiliante lentezza sino all’attaccatura delle natiche con le cosce. Il mio culo era totalmente alla sua mercé e le mie natiche, private dell’ultimo – seppur impalpabile – baluardo di difesa – ricevettero dalla mano nervosa di Rosanna un’altra serie di sculacciate che, sinceramente, non saprei quantificare. Il bruciore era così forte ed intenso che s’irradiava per tutto il culetto fin giù, fra le cosce e ancora più nel loro interno. Cercai di proteggere le natiche con una mano ma questa mia azione impertinente provocò una lunga serie di “spazzolate” che misero a fuoco la mia già provata epidermide. Col sederino rosso scarlatto, maculato di cremisi e di carminio, piangevo come una ragazzina, promettendo a Rosanna, giurandole, che avrei lasciato stare quel ragazzo che le interessava tanto.

 

La mia amica, però, non era ancora paga, né soddisfatta. Al fine di verificare se avevo capito con sicurezza chi delle due aveva vinto la “disputa”, Rosanna, con mia massima vergogna, mi separò le natiche infuocate ed appoggiato l’affusolato ed ovoidale manico della sua spazzola per capelli lo appoggiò al mio vivo buchetto posteriore forzandolo con decisione. Gridai. Forse pensava e/o pretendeva di non trovare alcuna resistenza? Resistetti. Se avessi avuto anche una sola contrazione, sono certa che la sculacciata sarebbe inesorabilmente ricominciata. Così, con un bruciore al culo indescrivibile, dovetti raccogliere tutte le mie forze e concentrarmi al massimo per rilassare le natiche ed i muscoli dello sfintere, lasciando che quell’osceno oggetto invadente mi possedesse, penetrandomi avanti ed indietro, simulando un osceno rapporto anale.

 

Rosanna, rideva. L’umiliazione era all’apice e la vergogna, indescrivibile. Mi prendeva in giro e sorridendo mi mormorava:

 

- “Sgualdrinella, lo senti come ti penetra bene il manico? Confessa! Dillo che ti piace averlo nel culetto…, adesso che è anche ben caldo”.

 

Quando Rosanna si ritenne soddisfatta mi sfilò dal buchetto straziato l’orrendo e particolare sodomizzatore e mi fece rialzare. M’indicò una parete e mi ordinò di stare con la faccia rivolta verso il muro sino ad un suo nuovo ordine. Naturalmente, ferma e con le mutandine abbassate alle caviglie. Ero così ridicola…, inoltre potevo vedere la mia triste immagine riflessa nello specchio dell’armadio, fatto questo che rendeva ancora più vergognosa quest’assurda situazione.

 

Mentre giacevo inerme e singhiozzante in quella vergognosa posizione, Rosanna uscì dalla camera per rientrarvi, dopo pochissimi istanti, accompagnata dalla sorella minore, Francesca, di appena diciotto anni! Che vergogna! Entrambe ridevano del mio culetto tutto rosso e nudo in bella vista.

 

Francesca, guardando da vicino le mie natiche martoriate mi sussurrò all’orecchio:

 

- “Ti ha dato davvero una bella lezione, immagino che tu l’abbia davvero meritata. In ogni caso, se questo può consolarti, sappi che quando non mi comporto bene, Rosanna me lo concia anche peggio del tuo. Ieri l’altro me le ha suonate col battipanni di vimini e sebbene avessi il sedere tutto rigato e tumefatto, stamattina le ho prese di nuovo con la ciabatta”.

 

Finalmente ebbi il permesso di rivestirmi e tornai a casa.

 

Nonostante il bruciore intenso e cocente, nonché l’immensa umiliazione subita, non potei fare a meno di provare un sottile brivido di piacere e d’eccitazione durante tutta questa sconvolgente situazione. Quando finalmente raggiunsi la mia camera, mi denudai completamente e, messami davanti allo specchio e rimirando i segni rossi che coloravano l’intera superficie del mio culetto, mi masturbai furiosamente ripensando a quanto accaduto. Provai un godimento tale… ed ebbi una serie d’orgasmi come mai mi era capitato.

 

Penso d’essere masochista e mi piacerebbe provare nuove esperienze con altri lettori di Club.

 

Con tanta simpatia, Irene.