Dorotea
La breve lettera che segue mi è giunta in busta anonima; se non fosse stato per il timbro postale mittente non avrei potuto attribuirla al nostro Amico e collaboratore padovano.Quello che sembrava dover essere solo un vago indizio, però, ha in seguito trovato conferma nella firma di chiusura di tale missiva.Conosco personalmente la bella Dorotea e solo ora comprendo tutta la modestia che Vinicio ha invano tentato di celare con l’anonimato: forse, dietro a quella Signorina, si nascondono le fantasie del nostro fidato collaboratore?
Paul Stoves
“Lo sai quello che ti aspetta, vero?”
“Sì, Signorina… la sculacciata…”.
“La sculacciata, come?”
“A culo nudo, Signorina”.
Ella mi fece inginocchiare sul vicino divano color crema. Con calma invidiabile mi fece inginocchiare e con cura maniacale mi sollevò la gonna di cotone plissettato rimboccandomela in vita.
Restai così, con le sole mutandine di nailon rosa che coprivano a malapena il culetto.
Per poco.
Dopo una breve sequenza di sculacciate, che considerai tollerabili, amministrate su tutta la superficie delle natiche, la Signorina provvide ad abbassare il mio minuscolo scippino, operazione che avvenne con studiata lentezza, forse per renderla ancora più umiliante e vergognosa. Mentre ella armeggiava con gesti rapidi ed esperti col ridotto indumento, la sentivo mormorare:
“Alle ragazze di diciotto anni che non fanno il loro dovere si levano anche le mutandine… si mettono a culetto nudo… tutto nudo… vergognosamente nudo!”.
Su tavolino, bene in vista, aveva posato la sottile verga con la quale intendeva punirmi e, accanto a questa, una bella sveglia barocca, caricata per dover suonare un’ora più tardi.
La Signorina se n’andò lasciandomi sola, in preda all’angoscia, alla paura ed alla vergogna durante la lunga ed estenuante attesa.
Avevo davanti agli occhi il temibile strumento che mi avrebbe castigata… mentre la sveglia avanzava inesorabile scandendo i secondi che trascorrevano lenti.
Ah… se qualcuna delle mie amiche più care m’avesse vista così… in ginocchio sul divano, il busto piegato in avanti contro lo schienale imbottito, tutta vestita ed agghindata, presentando fra la gonna bene rialzata e le mutandine indecorosamente abbassate, il culetto completamente nudo e vergognosamente aperto a mostrare, oscenamente, la mia albicocca ed il buchetto del culo palpitante… non avrei potuto che apparire loro ridicola… e me ne rendevo conto!
Quando la Signorina mi obbligava in quell’indecente posizione non riuscivo mai a dimenticare quanto in realtà vi è di torbido, ma anche di ridicolo ed umiliante, nella punizione della sculacciata impartita ad una ragazza di diciotto anni.
Eppure, quando la Signorina mi annunciava “Adesso ti sculaccio!”, quel secco comando, quelle ridicole parole mi eccitavano moltissimo.
Quest’eccitazione, nulla era se paragonata al piacere sensuale che mi pervadeva tutta quando la Signorina, come se stesse officiando un rito, mi alzava la gonna e, soprattutto, mi abbassava – e sfilava completamente – le mutandine.
Sì, il progressivo abbassamento dell’ultimo baluardo di difesa, lasciato come un trofeo a mezza coscia, valeva per me più di qualsiasi assoggettamento ed umiliazione.
Al lungo e stridente suono della sveglia, la Signorina rientrò nella stanza e, ben presto, lo strumento punitivo iniziò a fendere l’aria circostante solcando con mirata severità ed in ogni direzione entrambe le mie natiche offerte impudicamente al castigo.
Il solco mediano aperto e svasato dalla postura nonché il bruno pertugio posteriore non furono risparmiati dai morsi dello strumento castigatore e, ad ogni colpo, gemiti gutturali disperati uscivano involontariamente dalla mia bocca ed invece di muovere a compassione la mia sculacciatrice, parevano eccitarla sempre di più.
Piangevo, supplicavo ed imploravo perdono.
Promettevo d’essere buona, studiosa ed ubbidiente.
“Per favore… Signorina… non così forte… ah… la prego… ahia…no, non nel mezzo…oh che male… basta… brucia troppo… la supplico… sul forellino fa un male cane… basta cara Signorina, la scongiuro… ah…”.
Ma non mi ribellavo e mantenevo la posizione umiliante che m’era stata imposta.
Lo ammetto, mi piace essere messa col culo tutto nudo, adoro essere denudata ed umiliata per essere poi sonoramente sculacciata e severamente punita.
Anche la Signorina lo sa.
Al termine della sculacciata, fra i singhiozzi e le lacrime, udii l’ordine di rialzarmi.
La sculacciata era giunta al termine.
Avevo gli occhi gonfi, la gonna stropicciata ancora rimboccata e le mutandine rosa alle caviglie.
Il mio culetto era in fiamme, segnato da lunghe e profonde striature di colore rosso violaceo.
“Grazie, Signorina… sigh, sigh, per la sonora sculacciata… sigh, sigh. sono stata davvero cattiva… sigh. sigh, molto cattiva…”.
Affettuosi saluti,
Dorotea