Luisa
Carissimi Paul e Vinicio, care amiche ed amici di Club,
Desidero narrarvi la mia storia; certo, non straordinaria e, per molti, forse neppure interessante ma penso che alcuni troveranno il mio breve racconto denso e ricco di tutte quelle sensazioni che essi stessi hanno provato e/o provano tuttora.
Mi chiamo Luisa e fra un mese compirò ventuno anni. Non ho avuto la fortuna di conoscere i miei genitori e sono cresciuta in un collegio dove ho ricevuto una discreta istruzione e educazione. No, se i più maliziosi di voi hanno immediatamente associato il vocabolo “collegio” a quello di “sculacciate” si sono sbagliati di grosso. Nessuna punizione corporale, solo qualche castigo di tipo psicologico ed alcune forzate privazioni. Tutto qui.
Come dicevo poc’anzi, dopo il compimento del ventesimo compleanno, non ho trovato di meglio che un impiego come domestica al servizio di una coppia di mezz’età. Non che disprezzi questo lavoro… ritengo, infatti, che qualsiasi fonte di guadagno, quando sia frutto d’onestà e buona volontà, sia da considerarsi lodevole…
In ogni caso, ricordo che ero stata assunta da una quindicina di giorni e, un sabato, il marito della signora si era recato al bar; dopo aver sparecchiato la tavola mi ero messa a lavare i piatti e, durante questa operazione, ruppi prima un bicchiere e poi un bel piatto di ceramica. La signora, che è una donna davvero severa ed amante della casa perfettamente pulita ed ordinata, mi rimproverò con fermezza invitandomi a prestare la massima attenzione durante le faccende domestiche.
Terminato il sermone mi rimisi al lavoro ma, estraendo dalla lavastoviglie alcune posate, un coltello mi scivolò dalle mani e precipitò con fragore su di un bicchiere sottostante che scoppiò letteralmente in mille pezzi. Rimasi pietrificata ed il mio irrigidimento aumentò ancor di più quando avvertii la padrona di casa dirmi:
“Luisa! Adesso te le suono!”.
Non credevo alle mie orecchie; non mi pareva vero ed in quegli istanti mi sembrava di essere in un’altra dimensione. Era impossibile che mi stava accadendo questo… indubbiamente era un incubo… ma non fu così.
La signora – che chiamerò per ovvie ragioni con il nome di Donatella – si sedette sulla sedia più prossima e, trascinandomi per un braccio mi prese sulle sue ginocchia. Io, completamente stordita ma allo stesso tempo turbata, ero incapace di proferire parola. Irrigidita mi lasciai atterrare sulle cosce della donna che, senza troppi preamboli mi sollevò la corta gonna di cotone leggero che abitualmente indossavo per svolgere le faccende domestiche. Chiusi gli occhi nella attesa della prima sculacciata. Povera me, illusa e tapina… la signora Donatella non si accontentò del sollevamento della gonna e, senza alcun indugio, procedette alla lenta ed inesorabile discesa lungo le mie gambe delle candide mutandine che indossavo. Credevo di morire per la vergogna e l’umiliazione avvertendo le mie gote rosse e calde. Fui distolta da questi pensieri dalla prima sculacciata che colpì il centro del mio culetto e, di seguito, dalle numerose altre che centrarono il bersaglio ricoprendo totalmente la delicata superficie sino a renderlo rosso come un peperone maturo.
Dirvi quanto durò mi è impossibile ma sembrò interminabile!
Mi ritrovai in posizione eretta, stringendo e frizionando le mie natiche martoriate mentre copiose lacrime solcavano il viso. Singhiozzando, le chiedevo perdono. La signora Donatella, scura in viso, mi prese allora per il braccio sinistro e, strattonandomi, mi accompagnò innanzi a ad uno specchio barocco posto nel soggiorno. Quando la mia esile figura fu riflessa dalla superficie dello stesso, mi obbligò a tenere bene in alto la gonna e le mutandine abbassate alle caviglie.
“Guardati nello specchio ora, vedi come sono rosse le chiappe? Bene, ogni qual volta lo meriterai – e da quello che ho visto sarà molto spesso – ti leverò le mutandine e sarai sculacciata… non certo così blandamente credi…”.
Da quel sabato sono trascorsi parecchi mesi e sono stata sottoposta ad un’innumerevole serie di sculacciate… ne ho prese davvero tante.
La signora Donatella ha preso l’abitudine di impartirmi i castighi e le meritate punizioni nelle giornate di sabato, quando io e lei restiamo sole in casa ed il marito trascorre il pomeriggio al bar o con gli amici; è quello il momento in cui il bilancio del mio comportamento settimanale è tracciato.
Raramente si ritiene soddisfatta e questo significa che la cocente sculacciata mi attende inesorabile. Da un paio di mesi, la signora Donatella usa sul mio culetto un nuovo strumento che ha acquistato durante il suo ultimo soggiorno in Inghilterra. Una specie di bacchetta, né lunga né corta, di discreta flessibilità che lei chiama “cane”. Vi lascio immaginare la mia sorpresa la prima volta che l’ho vista… ed io che mi aspettavo un barboncino o un qualsiasi cagnolino d’altra razza…! Inoltre, mi si scuserà il gioco di parole, fa’ un male cane!
Quando desidera amministrare la punizione con questo strumento mi invita a recarmi nel salotto dove devo inginocchiarmi sul divano di pelle. Coscienziosamente, e con meticolosità certosina, mi denuda accuratamente il culo; spesso proferisce tutta una serie di frasi tendenti ad aumentare al massimo la mia umiliazione – come se fosse necessario – rilevando situazioni e particolari che fanno crescere al parossismo la mia tensione e la vergogna. Sovente, prima d’iniziare la battitura, fa scorrere la bacchetta all’interno delle mie cosce e non solo: a volte, con grande malizia, si sofferma fra le natiche, sopra al mio buchetto posteriore che palpita, provocandomi indescrivibili sensazioni lascive e libidinose.
A voce alta annuncia il numero dei colpi che ha deciso di somministrarmi in base alle colpe commesse: mai meno di trenta e non più di sessanta. La punizione è molto dolorosa e chi conosce sulla propria pelle questo strumento non potrà contraddirmi.
La signora Donatella, dopo qualche seduta, è diventata una vera esperta nel maneggio di codesto terribile strumento. Non mi risparmia nulla e tutta la superficie del culetto, anche il più recondito angolino, subisce l’assalto mordente del “cane”.
Alle mie spalle, mi sgrida e mi ammonisce con frasi tipo:
“Questa è proprio una sculacciata che hai meritato! Non credi? Visto? Sarai servita alla grande. Ricorda che la prossima volta sarà anche peggio. Non ti vergogni? Alla tua età ancora col culetto nudo e spalancato a ricevere sculacciate! Vergognati!”.
Il mio culo, che dal colore rosa tenue di una pallida begonia è passato progressivamente alla tonalità rosso porpora di una splendente pæonia, non riesce a rimanere fermo e si dimena in tutte le direzioni dibattendosi in modo incontrollato. No, non riesco proprio a rimanere ferma, a mantenere la posizione che mi ha imposto e, anche se la minaccia del licenziamento grava costantemente come una “spada di Damocle” su di me, so che la signora Donatella sarà comprensiva al termine della sculacciata…
Ogni seduta disciplinare di questo tipo mi lascia esausta e provata ed il ricordo cocente, a testimonianza del castigo, lo porto per giorni sul mio povero culetto tumefatto e dolente.
Come potete constatare dalle foto che allego ma che vi prego di non pubblicare, sono punita in modo molto severo e duramente ma, soprattutto, umiliante. A parte la gonna sollevata, quello che più mi fa rabbia e che mal sopporto sono le mutandine abbassate alle ginocchia o alle caviglie. Almeno me le togliesse del tutto! Invece, no! L’ultimo mio baluardo difensivo è lasciato lì, oserei dire a mezz’asta, in una posizione innaturale, quasi a ricordarmi in ogni momento della sculacciatura… che le parti che dovrebbe preservare dagli sguardi indiscreti sono invece alla mercé di quello strumento terribile di castigo che è il “cane”.
Del resto, cosa posso fare? Se la signora mi sculaccia – anche severamente – è perché certamente lo merito. Non ci sono scusanti.
Con tanto affetto,
Luisa