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La prima volta di Carolina.

 

Gentile professor Stoves,

 

Mi consente di chiamarla così, vero? Ho recentemente conosciuto il suo amico e corrispondente del veneto, il dottor Vinicio. Durante la simpatica conversazione che n’è scaturita in quella serata, Vinicio mi ha convinta a scriverle direttamente per esporle la mia personale esperienza con la quale mi sono avvicinata al mondo così degnamente rappresentato da lei. Poche righe che descrivono il mio primo approccio con la sculacciata.

 

Sono la tipica donna – adolescente, sia dal punto di vista psicologico, sia da quello fisico. Ho quasi trent’anni e, nonostante la mia età, ho una costituzione simile a quella di una ragazza diciottenne. Naturalmente, questo non m’impedisce di avere un discreto successo con i rappresentanti del sesso opposto, al contrario, gli uomini mi considerano graziosa, gioviale, divertente e…, perché no, piccante.

 

Oltre all’aspetto giovanile dato dal mio viso efebico, affermano che sia anche piuttosto ben fatta e la scarsità del mio seno – porto appena una seconda misura – è compensata da un culetto sodo e pieno e da un paio di gambe lunghe, certamente slanciate se consideriamo la mia altezza: solo un metro e settanta.

 

Lo scorso inverno mi recai in una ridente località montana in compagnia di due amiche d’infanzia: Laura e Silvia. L’ultimo giorno di vacanza, Silvia, propose di effettuare una gara con gli sci.

 

Tutte accettammo, proponendo inoltre una penitenza per chi si fosse classificata ultima. Non stabilimmo a cosa si sarebbe dovuto sottostare e, ridendo e scherzando, affrontammo con serietà e sportività il non difficile percorso.

 

Seppure abbastanza brava in questa disciplina sportiva, mi resi ben presto conto che le amiche lo erano più di me e, alla fine, persi la competizione. Scornata come mai, chiesi quale fosse la mia penitenza: Laura m’informò che avrei pagato il pegno la sera, nella sua stanza, dove ci saremmo ritrovate tutte per una sorta di festa d’addio.

 

Nelle stanze dell’albergo, il caldo era a volte insopportabile e mi vestii sobriamente con una candida camicetta ed una gonna di colore blu che mi arrivava appena alle ginocchia.

 

La serata era animata e davvero divertente.

 

Le battute di spirito si alternavano alle canzonette cantate reciprocamente a mo’ di karaoke o di coretto alpino. Del resto, la birra scorreva in abbondanza ed io, come le amiche, mi sentivo in uno stato di serenità e beatitudine, sensazioni tipiche che precedono uno stato d’ebbrezza, seppure leggero.

 

Laura, continuava a stuzzicarmi ed io, per reazione, la minaccia di mollarle una sberla.

 

“A proposito di schiaffi”, rispose lei, “cosa ne diresti, per la penitenza, di saldare il tuo debito con una sculacciata?”

 

Non ebbi neppure il tempo di controbattere che quell’oca di Silvia, subito, si mise a strillare ed a starnazzare:

 

“Sì, la sculacciata! La sculacciata... che bello... dai... una severa sculacciata alla bella Carolina!”

 

Accidenti, non ero mai stata sculacciata in vita mia. Non ero neppure nelle condizioni fisiche di reagire e rimasi a guardarle come interdetta.

 

Laura si sedette sulla sedia ed attirandomi a sé, mi costrinse ad atterrare a pancia in giù sulle sue ginocchia.

 

Avvertii Silvia farfugliare qualcosa, poi, prendendo a due mani i lembi della mia gonna, sollevò la stessa sulle mie spalle. Dovevo offrire loro uno spettacolo indecente e, se non fosse stato a causa della birra, probabilmente sarei morta di vergogna per la tremenda umiliazione. D’accordo, siamo in confidenza e ci conosciamo sino dall’infanzia, ma trovarsi con indosso le sole mutandine che ti velano a malapena le rotondità delle chiappe…

 

Inoltre, Laura, appena il sottile indumento intimo apparve, aggiunse:

 

“Guarda, con o senza, penso non faccia alcuna differenza, sono così minuscole questi slippini…, tanto vale che li sfiliamo. La sculacciata te la voglio impartire a culo nudo, come si conviene…”.

 

Silvia non esitò un solo istante. Avvertii le sue dita insinuarsi sotto l’elastico delle mie mutandine e lentamente, ma inesorabilmente, strattonarle con grazia e fermezza verso il basso. Il denudamento fu lento ma progressivo, effettuato ad arte con studiata ed esasperante lentezza. Da vera esperta. Nonostante le mie proteste, provavo una piacevole sensazione d’umiliazione. Le mutandine continuarono la loro inesorabile corsa vero il basso e si arrestarono a mezza coscia.

 

Laura iniziò a sculacciarmi; dapprima con colpetti leggeri ed evanescenti, poi, con sculacciate sempre più energiche, secche, ravvicinate. Dopo solo pochi istanti, già il culetto mi bruciava.

 

“Ahi, ahia, mi fa troppo male, basta, mi brucia, fermati…”, la imploravo, ma non aveva nessun’intenzione di ascoltare le mie lamentele. La sculacciata proseguì per almeno una decina di minuti. Le mutande avevano intanto raggiunto le ginocchia tramite l'operosa Silvia. La mano della mia castigatrice si abbatteva con inaudito vigore e con estrema severità sul mio culetto sempre più caldo e rosso. Piangevo come una ragazzina. Silvia, in un attimo di pausa, fece proseguire la corsa degli slippini verso le caviglie dove, una volta giunti, mi furono sfilati del tutto. L’umiliazione era totale. Le natiche frementi e sobbalzanti per la sonora sculacciata mi bruciavano incredibilmente e il rumore dei colpi sul culo echeggiavano risuonando squillanti più che mai nella stanza. Chissà cosa avranno pensato gli altri ospiti dell’albergo.

 

Silvia mi canzonava: “Fanno male? Bruciano le sculacciate? Come sta quest’impertinente culetto?”, ed altre frasi di questo tipo che ora non ricordo più. Non paga, incitava Laura a darmele più forti e più secche!

 

Al termine del castigo mi sembrava di avere una stufetta accesa al posto del sedere.

 

Ancora Silvia aggiunse: “Ma che bel culetto rosso. Lo sai, Carolina, che il sederino rosso ti sta proprio bene? Ti dona?”

 

Laura, rincarò la dose: “Gonna blu, culo roso e mutandine bianche, un delizioso accostamento cromatico, colori bellissimi…”.

 

Ed insieme intonarono la Marsigliese!

 

Bene, caro Professore, il fatto è che mi capita spesso di ripensare a quell’episodio della mia vita ed a quei vergognosi momenti. Lo faccio, soprattutto, quando mi masturbo e confesso che mi piacerebbe ripetere quell’umiliante esperienza. Per le imminenti vacanze invernali abbiamo già programmato di tornare in montagna, sì, con Laura e Silvia…, chi sa mai che…

 

Con affetto e stima,

 

Carolina