Anglosassone
di Delia Key
In piedi, a mani conserte, mentre la pelle freme e le gambe si muovono in nervose carezze quasi a cercare conforto l'un l’altra, per tremare meno, per evadere un poco.
"Pronto, Signor G.?"
Dove può guardare una ragazzina convocata dal Preside per via del suo comportamento in classe che ha esasperato il professore, il quale nel frattempo chiama il suo tutore…, dove?
"Sì, signor G., la chiamo a proposito d’Elisabetta."
Elli, così era abituata a sentirsi chiamare da tutti ed anche da George, il suo Tutore, cerca di immaginare con ansia il viso dell’uomo che si è sempre preso cura di lei, dall'altra parte di quel filo.
"No, non si preoccupi... sta bene. Almeno di salute.
Ma se devo essere sincero sono un po' preoccupato piuttosto per la sua condotta..."
Silenzio.
Che odio questo sarcasmo, assolutamente di cattivo gusto per lei, mentre gli occhi disperati cercano un punto da fissare con meno imbarazzo, attenti ovviamente a non incrociare mai e poi mai quelli del Preside in piedi con una mano dietro la schiena e lo sguardo fisso su di lei, atteggiamento che, per altro, non faceva che irritarlo ancora di più, se fosse stato possibile.
"Lei concorderà con me che la monella ha assunto ormai un comportamento che con i metodi di disciplina ordinari non è più possibile controllare..."
- Ma cosa sta dicendo...- pensa Elli, quasi parlasse con sé stessa e dovesse convincere qualcuno che quell’uomo sta esagerando, in fondo... ma Elli sa perfettamente a cosa si riferisce il suo professore, la sua mente però sembra rifiutare astutamente il pensiero della colpa, lo elude e lo allontana, con domande retoriche che occupano uno spazio sufficiente a non farla scoppiare a piangere.
Orgogliosa com'è, sarebbe per lei impensabile ammettere di avere una paura tremenda di quelle storie che si sentivano e raccontavano in tutto il collegio su quel fantomatico cane e le punizioni che, in assenza dei genitori, il Preside, ora pacatamente seduto accanto al professore, somministrava accuratamente, sopra la sua immensa scrivania dopo, ovviamente, avere avuto il consenso degli stessi genitori... o di un tutore che, come nel caso d’Elli, ne facesse le veci.
Non si trattava certamente di una punizione leggera o poco imbarazzante, era qualcosa che Elli – a nessun costo - voleva veder accadere a lei, così come non desiderava dare alcuna soddisfazione morale a quell'omino legnoso e pelato, come diceva lei, per scimmiottarlo, alle sue compagne, vista la tragica mancanza di capelli sulla testa.
Adesso non poteva fare a meno di guardare a terra, anche se non avrebbe voluto nemmeno quello. Non poteva chiedersi tanto, dopo tutto le gambe non la reggevano quasi più tale era la tensione ed inoltre il Preside continuava a fissarla senza neppure un attimo di tregua.
L'insegnante di latino argomentava con il suo Tutore cose che lei nemmeno voleva sapere ed intanto s’era sorpresa a pregare disperatamente fra sé che George non acconsentisse mai ad una cosa del genere: avrebbe potuto morirne o, almeno, quella era la sua netta e chiara impressione in quel preciso momento.
È vero, da quando gli avevano affidato il compito di educarla al meglio, George era sempre stato molto severo con lei, anche se altrettanto dolce; non avrebbe mai pensato che nello sforzo di fare d’Elli una ragazza ubbidiente sarebbe arrivato a tanto!
La telefonata continuava:
"Sì... sì, certo, capisco... ma lasci che le passi il Preside adesso... io... certo, certamente signor G., volevo in ogni caso essere io a parlarle per primo poiché... ehm... abbiamo già avuto modo di discutere su argomenti analoghi, credo ne conservi memoria...".
- Gonzervimemovia - scimmiottò Elli dentro di sé.
Affermare che quel professore le stava antipatico era dire poco, pochissimo.
Eccola lì... la cornetta passa al Preside in persona...
Elli, ora non riuscirà neppure ad alzare il viso, non le è rimasto un briciolo di resistenza attiva su cui far perno sul suo orgoglio... ella sa bene che se leggerà quel sorriso soddisfatto (ed è certo che succeda) disegnato sul viso del professore mentre passa, fiero di sé stesso quel telefono, stavolta scoppierà a piangere.
Adesso darebbe tutto, affinché questo non accadesse!
La voce del Preside è molto meno assordante, è calma e per nulla melliflua come quella che aveva appena ascoltato mentre metteva a nudo il suo comportamento indisciplinato.
Parlano, ma non riesce a capire quasi nulla e, ad ogni modo, cerca di concentrarsi per calmarsi ed ascoltare bene come vanno a mettersi le cose.
"...Sì...certo, signor G., concordo con lei che sia molto meglio parlare di persona di certe cose. Indubbiamente la scelta è tutta vostra, non è neanche il caso di dirlo... la aspetteremo senz'altro. Non si preoccupi. Con piacere. Arrivederci... si figuri, dovere, arrivederci".
Che cosa significava? Con piacere che? Come si fa a parlare di piacere, adesso... non per Elli, non ora. Non c'è un solo muscolo che non sia teso nelle sue gambe ed ancora non riesce minimamente a pensare di alzare lo sguardo senza tradire una smorfia contrita di pianto.
Una catastrofe insomma.
"Signorina Elisabetta, queste lunghe pause contribuiscono solo a rendere più austera tutta l'atmosfera, accidenti, il suo Tutore era alquanto contrariato".
“No, non così... in questo modo piangerò di sicuro... mi spiace George...”.
"Vuole alzare quella testa signorina? L’avverto che non ripeto una seconda volta le cose, mai, dovrebbe saperlo bene. Bene, così. Cerchi di non peggiorare la situazione, giacché è una ragazza molto intelligente capirà benissimo che per lei non potrebbe che essere peggio".
Vedendo il pianto affiorare dagli occhi d’Elli il professore esordì:
"Ah, adesso non fai più tanto la ribelle e l'indifferente…, bene, bene...".
- Ma allora sei proprio una carogna... i pensieri d’Elli sembrano avere una voce reale.
"Se l’avessi saputo prima, avrei chiamato il signor George molto tempo fa...!"
La sua proverbiale antipatia diede ad Elli la forza di reazione necessaria per mandarlo “a quel paese” con gli occhi.
"Signor Bistocchia... adesso mi lasci parlare un secondo con la ragazza, a momenti, in ogni caso, dovrebbe essere qui il suo Tutore, era nelle vicinanze".
L’omino fa le sue piccole riverenze ed ecco che finalmente lascia lo studio, con immensa gioia d’Elli che, tuttavia, non può fare a meno di riavere sul viso la voglia di piangere calde lacrime.
Cos'è che ha detto prima? Ah sì, intelligente. Non se lo aspettava di certo. Ma si sa che quando un "grande" parte con una bella parola poi sta per farti la reprimenda più dura di tutta la tua vita. Elli era una specialista nell'elaborare queste teorie, perle di saggezza adolescenziale che spesso si rivelavano fondate. Certo, dopotutto aveva una certa esperienza in ramanzine, per via del suo carattere che non era certo dei più tranquilli.
"Lei, ha ottimi voti. Quando segue le lezioni. Effettua interrogazioni brillanti, quando risponde ed una notevole predisposizione a capire, quando presta l’attenzione necessaria".
Come volevasi dimostrare, la ramanzina stava arrivando.
Elli, per reazione, aveva un'aria insofferente ed inopportuna:
"Non tutto m’interessa...".
"Signorina, so bene che non tutto può interessarle, tuttavia, se ancora non avesse afferrato il concetto, lei per superare l'anno scolastico deve avere dei voti giusti in tutte le materie…, ad ogni modo, lei sa che riesce bene anche dove gli argomenti le interessano meno…, so bene che lei sostanzialmente è una curiosa…".
La lunga figura seduta, si china in avanti per poi alzarsi e passeggiando con finta calma attorno ad Elli mormora:
"Nel corso dei miei anni d’insegnamento e poi successivamente di rettorato, mi sono convinto che sia una specie a parte questa. I curiosi, intendo. Lei è capace di seguire qualunque cosa con questa caratteristica ma proprio perché è la sua, va a cacciarsi in situazioni del tutto inammissibili dal punto di vista disciplinare; non sa resistere, proprio per quella stessa azione che le fa memorizzare i processi biologici di una rara malattia sudafricana. Non è forse così?"
"... Io... sì,.. credo di sì... signore”. Non è poi male, questo "grande", pensa fra sé Elli.
"Allora, mi sono detto... piuttosto che trattare queste... azioni, diciamo, come una colpa, trattiamole come un qualcosa da direzionare, da correggere, da incanalare con sforzi più proficui.... e non pericolosi. Perché si rende conto, vero, che quello che la sua condotta mette in pericolo è la sua promozione e dunque il suo futuro, vero signorina?"
"Sì. Signore”.
Le mani stringono la gonna: qualcosa le annuncia che il discorso che le sta facendo non porta a nulla di buono, non per lei, almeno.
"Bene, ero certo che mi avrebbe seguito. Perché vede, se lei fosse stata un’alunna svogliata, che frequenta con medio risultato tutti i corsi e che ha commesso una mancanza più o meno grave, io mi comporterei diversamente in questo frangente. Ma la verità non è questa. La verità è che lei raggiunge risultati normali con il minimo sforzo mettendo tutte le sue energie in tutt'altro, tranne le materie che dovrebbe curare. Si permette di rispondere in malo modo ai professori, ai loro rimproveri risponde con ironia e sarcasmo, diserta le lezioni trascinando con sé altre alunne che hanno poi difficoltà a recuperare il tempo perduto e se sta in classe, non fa che rallentare la lezione distraendo sé stessa ed i suoi compagni; inoltre, non esegue il lavoro assegnatole e, in ogni caso, mai nei termini che le sono presentati. Questo non va bene. La verità è che lei non solo ha commesso un errore ma è davvero indisciplinata. Disubbidisce e non raramente per giunta. Esce dagli schemi con malagrazia e poi, non vuole neppure tornare a seguirli. Dunque, per assicurarmi che una persona valida e , curiosa come lei non sia sprecata, è mio preciso dovere essere il più severo possibile., dunque."
-ecco, lo sapevo...lo sapevo! Ci doveva essere la fregatura...- pensa Elli.
Comincia a tremare e guarda il Preside con occhi liquidi.
Lui si avvicina austero alla ragazza che tiene le mani dietro la schiena, nervosa.
"Lei concorderà dunque con me che..."
Toc,k toc…
Al limite della tensione, Elli si gira. È George. Prova qualcosa dentro di sé d’incontenibile vedendolo, un turbinio d’emozioni che non le fa pensare affatto a tutta la situazione, non gliene importa più nulla di niente, il suo punto di riferimento è lì e lei corre ad stringerlo gettando le braccia attorno al suo torace, poco sotto le forti e grandi braccia.
(braccia braccia?)
Ha gli occhi lucidi, George se n’accorge e la stringe per un attimo fortissimo. Subito dopo, la prendeafferra per un braccio, portandola dove era prima, senza dire una parola.
Elli non ha mai visto George così...
Ha una severità sottopelle quasi elettrica che si sente al solo contatto.
"Stai qui signorina...ferma."
Elli storce la testolina da un lato appoggiandola quasi ad una spalla, sapeva bene che sarebbe stata ripresa ma doveva seguire come sempre le sue sensazioni, e sapeva di poterlo fare con lui. ComunqueIn ogni modo, quello che lui le dice la colpisce a fondo, dentro, come ogni volta.
Ad ogni modo, docile come nessuno in quella scuola l'aveva vista mai, si mette composta ed in silenzio; li guarda entrambi dal basso in alto salutarsi e scambiarsi brevissimi e concentrati convenevoli.
Il Preside, con un’efficace sintesi, riassume il discorso che poco prima si è divertito a centellinare sui nervi di d’Elli e George, che è un uomo pratico, per tutta risposta gli chiede, innanzi tutto, cosa ha combinato Elli.(elli elli?)
"Ccredo sia un bene per tutti che sia sia lei stessa a riferire al suo Tutore che cosa ha combinato questa mattina a lezione ed oggi pomeriggio, dopo il pranzo."
Lo sguardo di George...è così severo che non riesce a sostenerlo neanche per un secondo, poi mormora qualcosa sul parco, il bagno, le lezioni, le compagne, la mensa...
Ed il Tutore: "Elli, non sento nulla. Parla più forte e chiaramente per cortesia. Avanti."
Lei cerca di non pensarci, così avrà il coraggio di dire tutto:
"Beh, la lezione non era ancora cominciata, fuori era una bella giornata e così…volevamo solo fare una passeggiata… nell’ora di storia… poi tornare…"
"Di chi è stata l'idea Elli?" incalza il Preside
"...mia..."
"Continua"
"ecco…poi tornare dicevo… non è che volevamo fare una cosa così…grave…”
“Questa è tutto da vedere, signorina”
“ uffi… ehm… una volta tornate avremmo cancellato l’assenza che avevamo segnato sul registro… “ - il signor G. porta una mano alla tempia facendo un chiaro sforzo per non interrompere il racconto con qualche esclamazione di polso - " ma il professor Bistocchia se n’è accorto e… “
" Dunque, se abbiamo ben capito, tu hai contraffatto, ed hai spinto a seguirti in questa quest’impresa la tua compagna, un documento ufficiale. Giusto Elisabetta?"
Perché alla presenza di suo padre la chiamava così?...-
“Signorina G.?”
La faceva sentire ancora più piccola, ancora più indifesa così...
-uffi, e se la metti così non mi dai neanche un minimo margine di scampo!- si dice mentalmente Elli.
"mmmh...si...credo di si… e...poi...Nadia voleva tornare indietro...ma io le ho proposto un giro per un percorso...un percorso che conoscevamo...solo che è molto ripido...e...ed è pericoloso un po’...comunque siamo tornate senza problemi..!"
"Dopo una mezz'ora di ricerca, cioè dal momento in cui ci siamo accorti che nel banco i vostri libri stavano morendo di solitudine, abbandonati e nascosti alla bell’e meglio mentre io qui, nel mio studio, immaginavo che tutte le mie alunne fossero molto concentrate per la preparazione del compito della prossima settimana...quindi, siete tornate dopo mezz'ora dall’inizio delle nostre ricerche e con un taglio al ginocchio di Nadia che è scivolata su di un tronco. Credo di poter affermare con una certa sicurezza di essermi irritato tanto, rare volte in questa scuola. E, in tutta la mia carriera, anche. Per l’atteggiamento ostinatamente strafottente d’Elisabetta nonostante ciò che era accaduto e per il semplice fatto che nella mia scuola cose del genere non debbono accadere".
- Esagerato... sai quante escursioni abbiamo fatto sotto il tuo naso e nemmeno lo sapevi... poi, pensavo che dopotutto, pur di non avermi in classe, quel birillo pelato del prof si facesse gli affari suoi... ed invece... uff... -
"Elisabetta...", tuonò la voce di George.
Quando la chiamava così, erano guai... ed anche seri... la metteva davvero in soggezione.
"Ascolta, signorina... qui proprio non ci siamo. Non è assolutamente (quando caricava l'accento su termini come ‘assolutamente’ sgranando gli occhi grigi a quel modo, era segno che aveva preso già una decisione più che precisa) la condotta da tenersi, capisci? Ma non ti deve neanche venire in mente di poterti permettere una cosa del genere!"
Elli non sapeva cosa dire.
Non guardava mai i suoi occhi quando era arrabbiato, non sapeva proprio come fare a sostenere quello sguardo così intenso e penetrante.
Ci fu una pausa e, studiata o no che fosse, sembrava comunque fatta apposta per lasciare spazio a quel suo tono più indulgente ma irrevocabilmente severo.
"Se vuoi fare un'escursione, una passeggiata, un pomeriggio all'aria aperta o quello che più preferisci, se ne parla. Ne parli prima di tutto con me. In quanti posti ti ho portato, Elisabetta?”
La ragazzina adesso si sentiva davvero in colpa e davvero stupida ad aver fatto una cosa del genere.
“Ma non decidi da sola cosa fare nel momento stesso in cui ti passa per quella testolina...! Poi, falsificare una giustificazione per un’assenza… Ma cosa ti ho insegnato io, Elisabetta? E cos’è tutta questa tua strafottenza di cui mi parlano i tuoi professori?”
"...mmmh..."
"Cosa...cosa?"
"...mmmmi dispiace George... scusa... ho capito..."
“Vede… pare che Elisabetta quando parla con lei abbia un certo atteggiamento, con le altre persone che lavorano in questa scuola ne ha invece un altro. Totalmente differente. Posso testimoniarlo!”
Il sospiro di George echeggiò in tutta la stanza o almeno così sembrò ad Elli, mentre si mordeva il labbro inferiore da un lato, quasi come se la cosa potesse aiutarla a dipanare un minimo quella tensione fitta come la nebbia milanese che le si era posata addosso.
"Io credo, Signor George, che le cose così come stanno, non possano andare avanti. Le ho già accennato che la sua pupilla ha un ottimo rendimento scolastico, pur dedicando assai poca attenzione al corso degli studi. Ma, sinceramente, se non vogliamo mettere in discussione la promozione della signorina mi vedo costretto a prendere dei provvedimenti più seri di quanto non abbia fatto in passato, poiché questa non è affatto la prima volta che succede una cosa del genere, lei ricorderà...".
"... Sì, ricordo bene…".
"Ancora di più, perché prima, nelle sue.... diciamo… marachelle, la signorina Elisabetta non aveva mai messo a repentaglio la sicurezza di nessuna delle sue compagne, cosa che invece in questa occasione è successa; anche se, altre volte, aveva convinto una delle sue amiche a seguirla in una delle sue imprese…".
"Io credo, Signor George, che ci sia un problema di base in tutta questa storia…, è l'atteggiamento… quello che miro a modificare. Elisabetta non ha riferito di sua spontanea volontà tutto lo svolgimento della faccenda…".
Il Preside, ora, passeggiava in modo teatrale.
"Sì, diciamo che senza volerlo, una sua compagna, che è stata già adeguatamente punita giacché i suoi genitori avevano dato disposizioni ben precise, si è lasciata sfuggire un particolare...".
“Quale, Elli?”
Il mutismo era una conseguenza ormai irrefrenabile.
“La signorina, ha confessato alla sua compagna che il motivo della passeggiata non era proprio per questa sua idea della fuga… Elisabetta non aveva studiato per una settimana e con molte probabilità avrebbe potuto essere interrogata proprio oggi dal professore di storia, Bistecchina, il quale, si sarebbe accorto senza ombra di dubbio della sua mancanza… e così, fuggire, le è sembrata la soluzione migliore. O sbaglio?”
Elli non poteva più restare ferma al suo posto, i piedi le si contorcevano ed indietreggiavano per conto loro.
"Le posso assicurare, signor Preside, che provvederò personalmente a discutere con Elli della cosa e mi adopererò affinché questo non accada più."
La voce di George, ora, era terribilmente seria e profonda, dava una sensazione strana ascoltarla, era inquietante… eppure, nello steso istante, la sola cosa che le desse sicurezza e protezione.
"Io ne sono certo, signor George. Tuttavia, come le dicevo poc’anzi, le cose questa volta non si possono risolvere così velocemente, io... - una smorfia di concentrazione attraversò quel suo volto regolare - mi sentirei, in tutta onestà, di venire meno alla mia funzione d’educatore qui dentro. Vede, io non devo solo fare da argine alle mosse più o meno ribelli e scorrette della ragazza".
"Sono perfettamente d’accordo con lei..."
"Certo, lo so bene. So anche che è il mio dovere sospendere Elli per una settimana, altrimenti…, temo che il rigore che ha reso famosa questa scuola diventi… una barzelletta".
Il cuore d’Elli si fermò per un attimo: ne era sicura, stava per svenire.
Allora non stava cercando di spaventarla quando parlava male della sua promozione… per la prima volta se ne rendeva conto, le sembrava che mille pensieri, tutti assieme, si accavallassero nella mente senza lasciare spazio a nessun ragionamento.
"Capisco. Questo immagino andrà ad incidere parecchio sul curriculum scolastico d’Elli...".
"Indubbiamente. Ho già espresso i miei dubbi sulla continuazione della sua carriera scolastica, per quest’anno almeno. Finché sarà così, non andrà molto avanti questa ragazza… però, il mio compito non è solo quello di mantenere la disciplina, devo fare in modo che le ragazze affrontino il meglio possibile il loro percorso accademico…, ho quindi pensato ad un’alternativa che, per entrambi, potrebbe essere una garanzia di quella severità e serenità a cui tutti, penso, teniamo".
"Mi dica".
"Dalla nostra tradizione, ho pensato di arrivare ad un compromesso che potrebbe rendermi sicuro dell'efficacia del mio provvedimento senza intaccare nulla degli studi della mia studentessa"
In quel momento, il Preside prese in mano un cane, non troppo lungo, ma di una certa consistenza e pesantezza.
Il tutore d’Elli non sembrò affatto stupito della cosa.
Lei invece non sapeva se piangere o rimanere basita in silenzio...
"Capisco."
Le pause si fecero numerose ma, probabilmente, George aveva già immaginato da un po' la proposta che il Preside gli avrebbe fatto ed è probabile che stesse prendendo tempo per pensare; d’altronde si conoscevano anche oltre il campo scolastico ed era nato da qualche tempo un rapporto di stima e fiducia fra entrambi.
Che cosa poteva fare del resto? Elli sapeva bene che avrebbe cercato di aggiustare le cose a favore del suo bene, era la sua priorità, lo sapeva bene.
Il signor George guardò Elli. Quella che lui considerava la sua protetta. Lei si morse sempre più forte quel labbro. Aveva gli occhi spaventati, dispiaciuti, gli occhi di quando non desiderava prendere alcuna decisione ma solo essere rassicurata che lui le stesse sempre vicino senza lasciarla mai, proprio mai.
Le si avvicinò, le prese il viso con una carezza sulla guancia e lo alzò affinché lei lo guardasse ancora più diretto negli occhi.
"Piccola...lo sai che hai fatto qualcosa di veramente sbagliato questa volta, vero?"
Elli annuì prontamente e sentì i suoi occhi inumidirsi di fronte al calore del volto di George.
Lui cercava un suo “sì”, anche impercettibile.
Elli annuisce con convinzione e nervosismo.
Sa di cercare nei suoi occhi conforto e lo trova, come sempre, inspiegabilmente nel momento più paradossale che ci possa essere, ovvero quando lui sta decidendo che dovrà essere punita, in una maniera in cui non lo era mai stata prima. Lui, vuole essere assolutamente certo di ciò che prova la sua pupilla, quindi, cerca d’essere chiaro e mai distante da lei, dentro:
"Credo sia una buona idea fare come consiglia il Preside, prenderti il castigo che meriti e, dopo, ne parliamo io e te da soli. Ok?"
Elli continua ad annuire.
"Siamo d'accordo?", replica George.
"Sì…".
George le sorride.
"Io... mi dispiace...".
"Silenzio, ora stai buona".
Elli lo guarda con quel viso che solo una "monella pentita", come lui ama definirla, può fare.
Se fossero stati soli le avrebbe parlato più apertamente e più dolcemente ma, questo tipo di complicità nascosta e discreta, sale in funzione della riservatezza che ha sempre voluto mantenere tutelando ogni loro rapporto.
"Io credo, signor George, che diciotto colpi di cane siano più che ragionevoli per la condotta che Elisabetta ha tenuto".
George respira un secondo poi, molto seriamente e con estrema naturalezza, annuisce:
"Signor Preside... sono pienamente d'accordo con lei sull'importanza di un castigo adeguato... ma diciotto colpi mi sembrano troppi… dal momento che Elli non ha precedenti del genere… di questa punizione intendo. Converrà che dodici colpi siano sufficienti per imprimere nella memoria di una ragazzina qualcosa di durevole, con la mia promessa che il discorso non si chiuderà in questo ufficio ma che io, quale tutore, provvederò a fare in modo che per Elli, una buona condotta sia un valore acquisito... ci conosciamo da anni, dopotutto... spero che la stima e la fiducia che io serbo per lei sia reciproca...".
Il Preside, col viso concentrato, duro, ma stranamente sereno, ribatté immediatamente:
"Va bene, signor George… mi aspetto di verificare in modo tangibile gli effetti… con un cambiamento repentino nell'intimo di questa ragazza…”.
"Va bene…, va bene...ora...".
Elli adorava come George si mostrasse sbrigativo e pratico in questi frangenti, le evitava, ogni volta, momenti di disagio, di chiacchiere inutili.
Il Preside capì che il signore che aveva di fronte a sé desiderava concludere la cosa e, quindi, ordinò ad Elli di avvicinarsi alla scrivania quasi interpretando il pensiero di George.
Proprio a lui porse quel cane. Elli non sa immaginarlo con quell'oggetto in mano, non le era mai capitato nemmeno di pensare una scena del genere... sapeva com'era fatto il cane, si, ma non aveva idea di ciò che potesse far sentire sulla pelle o che impressione potesse dare in mano ad un uomo... al suo Tutore.
Adesso sapeva che le dava i brividi.
Quel lieve timore di quando lui la sta per prendere sulle ginocchia per sculacciarla di santa ragione lo sente ora moltiplicato, senza paura effettiva, come sempre, su tutta la sua pelle; misto a tutto l'Amore che poteva provare per il suo adorato George, il pilastro di ogni sua sicurezza mentre affrontava tutte le giornate e tutte le situazioni possibili e prima ancora, ancora più dentro, mentre dormiva e poi si svegliava sorridente, sicura, alla mattina.
Lo vede saggiare lo strumento, fendere l’aria dall’alto verso il basso provocando un suono sibilante: la pelle d’oca di Elli non fa che aumentare…
"Piccola, girati".
Elli piega la testa verso la spalla quasi a volersi nascondere, nascondere quell'espressione che le veniva dal profondo e che non si può conoscere se non la si vede coi propri occhi.
La mano calda di George posta dietro la schiena, sui reni, la fa diventare più dolce. Un lamento, a mo’ di piccola, lieve, dolcissima supplica sommessa, di ripensare alla decisione presa…, una di quelle richieste inutili, velleitarie, ma è più forte di lei, deve aggrapparsi idealmente a lui e sperare di non doversi mai staccare.
Affonda il viso fra la giacca e la camicia, cercando di prendere tutto il suo calore, respirando in fretta addosso alla sua pelle.
"Piccola... avanti... ubbidisci...".
"mmmh..."
Il Preside, intanto guarda senza alcuna fretta anzi, con una grande ...curiosità, quella che gli andava a genio, quella sua strana, irrequieta alunna.
Elli ora si lascia guidare dalla mano di George sulla schiena, si volta verso la scrivania e si adagia sulla superficie, le gambe tese e nervose, gli occhi lucidi e le braccia ripiegate con le mani vicino al viso. Il signor George prova un moto di tenerezza quasi visibile nel guardarla e respira profondamente.
"La gonna, signor George".
Non passa che un istante dalla sua voce al prendere il lembo della gonna di Elli per sollevarla verso l’alto.
Dalla ragazza parte in quello stesso momento un mugolio di sorpresa, quasi un gridolino acuto e mentre lui si allontana di nuovo, Elli si mette a piangere, quasi d'improvviso, come se si fosse spaventata nel profondo da quel gesto.
Lui prese ad accarezzarle i capelli, dolcemente.
"Stai tranquilla... va tutto bene, ci sono io con te. Ora fai la brava e prendi la punizione che ti sei meritata".
Era incredibile per lei come sapesse il ritmo esatto ed opportuno per sgridarla e quello per rassicurarla, ma nemmeno ci pensava adesso, una volta sciolto il pianto che aveva in gola e sentito le mani di Gorge prenderle la mente portarla via con se, nessuno le avrebbe mai portato via questa magia invisibile. Ora poteva essere tranquilla e docile, non avrebbe che fatto ciò che il suo adorato George le avrebbe detto di fare.
Qualunque cosa.
Era questo il lasciarsi andare. Era una dolce e scivolata fiducia di arresa. Non doveva essere forte per forza. Poteva essere Elli e piangere quanto voleva fra le sue braccia dopo.
Il signor G. si allontana un pochino adesso e tutto per lei prende a girare fortissimo all'improvviso, è come la vertigine di quando si trova piegata sulle ginocchia con la testa più in basso possibile e con la mano grande del suo Tutore che sta per assestarle uno sculaccione sonoro sulle natiche ricurve ed indifese, solo che adesso si aggrappa alla scrivania anziché alla sua caviglia e tutto è veloce eppure lentissimo allo stesso momento.
Il legno freddo e duro del cane si posa di traverso lungo le sue natiche tese e tremanti, picchietta come a saggiare la consistenza della carne che andrà a segnare ed Elli comincia a sciogliersi in lamenti soffusi e modulati; poi d’improvviso lo strumento si alza e ricade con media potenza sul sedere della scolara che scatta indietro afferrandosi le terga a piene mani, come a cercare di fermare quel dolore pungente ed acuto.
“Ahiii…”
“In posizione Elisabetta, subito.”
Com’è duro e severo quel tono, non sembra quasi la voce di George…
“mmmhnooo…fa male!”
“Deve fare male. È una punizione signorina, ricordi?”
Il Preside, che si era quasi eclissato: “Le studentesse ne parlano fra loro, questo lo so, ma finché non lo provano sulla loro pelle non si aspettano mai che sia così… efficace, ne ho avuto riprova diverse volte.”
“No, George, ti prego, sarò brava… studierò e non risponderò più male, davvero…”
“Ne sono certo, Elli. Dopo che avrò finito con te non tornerai a comportarti così, te lo posso assicurare. È mio preciso dovere far sì che non accada, ed ho intenzione di tener fede alla parola che ho dato. Ora stai giù perché il tuo castigo è solo appena cominciato, avanti…”
Ubbidisce e si rimette sdraiata sulla scrivania immensa con un broncio molto marcato e George le solleva nuovamente la gonna che nel frattempo era scesa; Elli aspetta e agita i piedi come in un’inutile piccola protesta ma già aspetta il resto dei colpi perché sa bene che nessuna delle sue promesse adesso avrebbe fatto cambiare idea al suo tutore né tanto meno al suo Preside e poi si rendeva conto che questa volta aveva davvero esagerato…
Quello che non sapeva era che George stava moderando i colpi affinché fossero più leggeri possibile, non lasciavano che un piccolo segno rosso sulla pelle della ragazzina, e questo perché sapeva bene che il Preside non avrebbe rinunciato a dare lui di persona i “six of the best” per ciò che aveva fatto Elisabetta e d’altronde non poteva che acconsentire, era l’ultimo anno di liceo per quella che lui considerava la sua bambina e non avrebbe permesso per nulla al mondo che lo perdesse così stupidamente.
Oltretutto in passato avevano sempre parlato a lungo dei suoi sistemi d’educazione ed Elli non aveva mai esitato a ribadire che per lei erano in assoluto i migliori se non i soli con cui lui si potesse prendere cura di lei al meglio.
Al secondo colpo Elli tende le gambe per diversi secondi, stavolta il suo gemito appare strozzato, gli occhi si inumidiscono di nuovo, ma sta ferma e cerca di non portare le mani indietro, poiché sa benissimo che questa è una cosa che renderebbe George più nervoso di quanto non lo sia già.
Aspetta ed il terzo colpo non tarda ad arrivare, le da una sensazione di bruciore intenso che si spande molto lentamente per tutta una parte della natica mentre il quarto le va dritto all’attaccatura delle gambe proprio nella parte della coscia più sensibile. Non le riesce di bloccare un grido sommesso e di frenare le lacrime che ormai rigano le sue guance, ma al quinto non resiste davvero più e porta le mani sulle sue terga coprendosi con i palmi rivolti all’esterno e senza sollevare la testa dalla scrivania si rivolge a George: “Bruciaaa… basta ti prego… “
“Elisabetta…oltre al fatto che sai benissimo di dover tenere le mani apposto quando ti punisco, se le metti quando ti sto dando il cane può essere anche pericoloso. Su…da brava, ubbidisci.”
E picchiettando leggermente sui palmi di Elli con la punta del cane fa togliere quella effimera protezione per assestare l’ultimo colpo leggero della serie di sei su quel sedere proteso eppure contratto.
Poi senza dire una parola va verso il Preside, Elli nel frattempo ha preso a massaggiarsi dietro senza alzarsi e George porge il cane alla lunga figura, seria e calma, che si avvicina alla sua studentessa, quasi con calcolata lentezza.
“Adesso, signorina, pretendo da lei la massima disciplina. È per vedere questo in lei che ho ritenuto opportuno punirla del resto…”.
Elli fa una smorfia di nervosismo e sbatte un piede sul pavimento con insofferenza, George così si accosta a lei e comincia a tirare l’elastico delle sue mutandine verso l’alto per far risucchiare il tessuto fra le natiche della sua Elli, redarguendola:
“ Non ci siamo Elisabetta… Bada che non esito a tirarti giù le mutandine ed a lasciarti col culetto scoperto a vergognarti come la monella che sei.”
“No, no…questo no George, ti prego…!”
Le mani della ragazza si lanciano indietro con ansia
“Dipende solo da te, piccola. Ora mettiti bene in posizione.”
E così dicendo indietreggia fino ad una distanza ravvicinata che lasci spazio al Preside per eseguire la seconda sessione.
Al primo colpo però, Elli non resiste, rimane un attimo senza fiato per la diversità della sensazione che era molto più intensa di prima, forse anche per il velo sottile delle mutandine bianche che mancava a proteggerla ma sicuramente per la forza con cui il Preside ha fatto calare quella bacchetta sulle natiche della ragazza, poi si alza di scatto girandosi appena su un lato e mettendo le mani avanti per fermare qualunque altro colpo le potesse arrivare.
“Va bene Elisabetta. Ti avevo avvertita. Lo sai che non dico mai le cose tanto per dirle.”
La voce di George è severa e decisa, mette una mano sulle reni della sua bambina e la fa poggiare nuovamente sul tavolo freddo dello studio; tenendole la schiena poi le prende gli slip e li fa calare con un gesto deciso fino a metà coscia. Elli si dibatte e George perde la pazienza, assesta un sonoro sculaccione sul sedere già segnato lasciando una notevole impronta rossa sulla natica sinistra e finalmente la ragazza si calma. Elli pensa in un attimo alla situazione, a come è esposta ed indifesa ed inoltre all’ulteriore vergogna di aver preso uno sculaccione così, proprio davanti al suo Preside, dal suo tutore… quasi immediatamente si scioglie in singhiozzi, George va dall’altra parte della scrivania e le prende entrambe le mani con una delle sue, mentre poggia l’altra interamente sulla sua testa.
I colpi ricominciano, fra le mani del suo George che la tengono quasi sollevandola e lasciandola sospesa sulla scrivania e il bruciore mordente dietro Elli non può far altro che sgambettare disperatamente lasciando scivolare le mutandine fino al ginocchio, poi ancora più giù, non rendendosi conto che così si rende ancora più aperta ed esposta alla visuale dell’uomo che la sta punendo, dietro di lei.
Un attimo di pausa, la voce pulita le raggiunge le orecchie ma è come una lama che gira nell’enorme imbarazzo che prova in quel momento:
“Allora, signorina Elisabetta, cosa si prova ad essere castigate a sedere nudo, di fronte al suo Preside, col suo tutore, - (stava cadenzando ogni parola, con precisione minuziosa) - quando si è stati disubbidienti oltre ogni limite plausibile?”
Elli si accorge che le sta togliendo del tutto gli slip che si erano arrotolati ormai attorno alle caviglie, ma non ha la forza di replicare nulla, pensa solo che mancano ormai altri due colpi ancora, e non sa proprio come fare a resistere…
George le accarezza i capelli dolcemente, vedendola ferma e relativamente tranquilla, o forse solo vinta, lascia le sue mani e va a controllare attentamente i segni che il cane ha lasciato sulla carne della sua bambina e passa sopra una mano, delicatamente. Elli trasale comunque e continua a piangere piano.
“Su, è quasi finita, piccolina. Ora mettiti per bene a prendere le ultime due… io so che sei brava, avanti”
Adesso la voce calda di George era suadente, Elli lascia che le dita grosse e forti del suo tutore facciano spostare la sua gamba verso l’esterno, prima una e poi l’altra, e nasconde il volto fra le braccia non volendo nemmeno pensare allo spettacolo che sta offrendo dietro di lei.
Con le sue scarpette basse e i calzini bianchi per poi essere nuda fino alla vita, con la gonna arrotolata sui fianchi, Elli prende i suoi due ultimi colpi di cane in maniera esemplare ma comincia a piangere inconsolabilmente.
I segni sono visibili e distinguibili l’uno dall’altro, i singhiozzi di Elli anche, George la prende per le spalle e la abbraccia mentre il Preside ripone il cane nell’apposito armadietto.
Sembra che nessuno abbia più voglia di parlare tanto, i due uomini si salutano ed Elli rimane contrita in piedi, saluta ed esce assieme al suo tutore che la accompagna nella sua camera. Per fortuna Nadia, la sua compagna di stanza (e di disobbedienze), non c’è in quel momento, così George si ferma un po’ da lei. Adesso, lei lo sa bene, le vuole parlare.
Elli ha smesso di singhiozzare ma le lacrime le scendono ancora lungo il viso, lui si siede sul bordo del letto poggiando i gomiti sulle ginocchia leggermente divaricate e la osserva mentre sta in piedi, con lo sguardo rivolto verso il basso e le mani nervose dietro la schiena che massaggiano furtivamente le natiche in fiamme.
“Elli… sia chiaro… non voglio più ricevere di queste telefonate dalla tua scuola.”
Silenzio.
“Me lo prometti? Elli… guardami negli occhi.”
Lei annuisce con convinzione mormorando un sì, poi finalmente alza gli occhi e vede quelli di George. Come nell’impulso di prima quando era entrato nello studio del Preside, Elli va verso di lui e gli cinge il collo con le sue braccia piegando le gambe quasi gettandosi in ginocchio dicendo che le dispiace, le dispiace davvero, George la prende e la tiene così stretta che quasi la solleva, poi la fa mettere alla sua destra e la stende sulle sue ginocchia, dolcemente, lentamente.
Quasi spaventata lei lo supplica di non punirla ancora, che le fa male, che non potrebbe resistere ad altro, ma George la rassicura immediatamente
“Non voglio sculacciarti. Non adesso. Ora voglio consolarti, piccola.”
Così dicendo, alza la gonna nuovamente e si accorge che nessuno dei tre ha pensato di riprendere le sue mutandine nello studio. Poco male, ci passerà prima di andare via dal collegio. Si guarda attorno e vede sul comodino di Elli un piccolo barattolo di crema, la prende e comincia a spalmarla sui glutei segnati e rossi della ragazza.
“…Ma tieni presente che questo fine settimana io ti vengo a prendere, sono certo che la tua condotta sarà eccelsa, vero? Passerai da me il weekend dunque.
La ragazza geme per il dolore ma le mani di George le danno sollievo e le sue ginocchia la fanno sentire finalmente al sicuro.
“Hai cinque giorni scarsi per riflettere. Voglio che tu mi faccia vedere tutto quello in cui devi recuperare. E voglio che tu sappia fin da adesso che quello che ho detto prima al Preside non era per coprirti. Ho veramente intenzione di non far finire qui questo discorso. Verrai sulle mie ginocchia a prenderti una di quelle battute che troverai peggio del cane.”
“George…ti prego…”
“Lo sai bene, i patti sono patti. Se non vuoi che ti sculacci comportati bene, perché io lo farò sempre quando ti comporterai da ragazzina irresponsabile. Intesi?”
“…si, George… va bene…io…ti prometto che non farò più nulla del genere, davvero… sarò brava…”
“Ok piccolina… adesso stai pure qui a riposare”.
Elli si alza e si stende nel letto; lui, accanto, l’accarezza piano sulla schiena e sul fondoschiena, infila le dita nei suoi capelli morbidi e con un sorriso dice alla ragazza che non è perdonata del tutto ma che verrà presto il momento, senza che lui sia stato mai un solo istante arrabbiato davvero con lei.
“Domani è un altro giorno… si ricomincia tutto da capo, vedrai, andrà tutto bene. Te l’ho promesso e tu sai che lo manterrò sempre.”
Elli sorride dolcemente mentre lui le da un ultimo bacio e chiude la porta dietro di sé.
È ancora pomeriggio ma Elisabetta s’addormenta affondando il viso nel cuscino e pensando che non sarà mai sola e che nulla, davvero nulla di male potrebbe mai accaderle finché George veglierà su di lei; anche se questo volesse dire prendersi il peggiore castigo del mondo.