Italian-Spanking-Art-Pages

 

La fuga…

 

Percorse il lungo corridoio di corsa.

Si voltò solo una volta, nessuno…  non c’era nessuno.

Un attimo di esitazione per trovare la porta giusta poi via verso la libertà.

Scese i cinque gradini con due balzi ma appena toccò la ghiaia  del cortile si fermò di colpo cacciando delle piccole grida che soffocò istintivamente con la mano.

Decisamente i suoi piedini delicati non erano adatti a camminare sui sassi.

Era traumatico, avere la ferrea volontà di fuggire e essere fermata da quel dolore atroce.

Per un attimo fu presa dal panico poi si illuminò di gioia.

Attorno al castello correva un marciapiede di mattoncini.

Si teneva bassa per passare sotto la luce delle finestre del pianoterra.

Man mano che si allontanava  dalla porta, acquistava sicurezza.

Si rese conto che le piante dei grandi vasi che circondavano il castello la nascondevano anche da sguardi provenienti dal giardino.

Girò il primo angolo ormai non era più visibile da coloro che sarebbero usciti dalla porta.

Prese un po’ di fiato si aggiustò la coperta e riprese a correre lungo il marciapiede.

Due giardinieri dall’altra parte del viale la costrinsero ad acquattarsi dietro un alberello tagliato a forma di animale.

Respirava affannosamente, si guardò attorno, niente, era bloccata .

Susan aprì la porta.

- eccola l’ho trovat…

Si guardò attorno rimase allibita ; cominciò a rendersi conto della situazione.

Non c’era,

Guardò sotto ai letti…

Girava per la stanza come un gatto in una botte

- non fare la scema… vieni fuori… Oh mio dio… mio dio… vieni fuori.

Era scappata… non potevano esserci dubbi.

Si precipitò  fuori dalla stanza.

Dove poteva essere andata?

Percorse di corsa il lungo corridoio… respirava affannosamente i tacchi alti non erano certo l’ ideale per correre.

Si affacciò alla porta, scese i gradini  sempre correndo, poi si fermò a guardarsi intorno.

Niente,  solo due giardinieri in lontananza.

- Ohhh mio Dio… mio Dio, adesso che faccio ? Dove la trovo quella stupida. Ohh mio Dio…  

Risalì le scale di corsa e rientrò.

Doveva assolutamente avvertire miss Jennifer  in fondo mica era colpa sua se era scappata. Ma guarda tu che cretina… in che situazione l’aveva cacciata, sapeva benissimo che questa volta la canna non gliela salvava nessuno.

Ad ogni modo sperava di ritrovarla prima che sua signoria fosse informato.

Doveva assolutamente ritrovarla povere chiappe… questa volta gliele avrebbero spellate.

Dannazione miss Jennifer era nella sala dell’ orologio e probabilmente stava combattendo… ad ogni modo non poteva fare altro.

Cominciò a salire il grande scalone era quasi senza respiro ma,  non smise di correre.

Davanti alla grande porta della sala si fermo a riprendere fiato.

Respirava affannosamente, le tempie pulsavano come impazzite e il cuore sembrava una carica di cavalleria.

Non poteva bussare, doveva sgattaiolare dentro senza farsi vedere.

Aprì lentissimamente e sbirciò dentro.

C’era un grande brusio…

La competizione era appena iniziata il grande tappeto che fungeva da arena focalizzava l’ attenzione di tutte.

Sua signoria seduto sul trono volgeva le spalle a quella porta e così entrò praticamente inosservata.

C’erano tre vallette assegnate ad ogni contendente  e durante la lotta sedevano a terra ai lati del trono, più le quattro vallette personali di sua signoria  che sedevano sempre a terra davanti al trono.

Indossavano tutte la divisa ordinaria quindi lei passò del tutto inosservata piano piano  scalando di un posto alla volta si avvicinò alle tre che avevano il nastro rosso.

Tutte le contendenti avevano la medesima “ mise” da combattimento  ma ognuna aveva nei capelli un nastro di colore diverso, lo stesso colore che le tre vallette assegnate portavano attorno alla fronte.

- Vai in biblioteca a spolverare i libri… qui ti sostituisco io. Disse a quella che aveva i capelli più corti.

- Ma…

- Ssshh  zitta.  Disse togliendole il  nastro dalla fronte.

Abituata ad obbedire la ragazza scosse le spalle,  piano piano guadagnò la porta   e uscì.

Fece appena in tempo a sedersi che ci fu subito un gran trambusto.

Jennifer aveva perso la gonna, non era riuscita ad evitare un abile mossa della sua avversaria ed ora si trovava con le culotte indifese.

Nella sala l’ atmosfera si era fatta incandescente.

Non vi erano grida o incitazioni  ma il brusio era salito di tono e nessuna stava più ferma a terra.

Mostrare le culotte rosse nell’ arena equivaleva ad agitare la muleta davanti al toro.

Tutte si gettarono su di lei.

Non vi erano squadre ma , come un pezzetto di pane che cade in una vasca di pesci,

Le fragili culotte furono dilaniate in pochi secondi da decine di mani.

Jennifer a terra riuscì a difendersi per qualche minuto ma poi fu voltata di peso ed una mano intrufolatasi tra la sua fessura le strappò l’ uovo.

Ci fu un colpo di gong e tutte si fermarono.

 Le contendenti uscirono dal tappeto e si inginocchiarono a destra e a sinistra dell’ arena subito raggiunte dalle rispettive vallette che cominciarono ad accudirle.

Solo Sally e Jennifer  rimasero sul tappeto.

La vincitrice, con il piede destro sopra le reni nude  della perdente stesa bocconi, alzava l’ uovo al cielo e guardava sorridente in direzione dell’ uomo.

Questi si alzò dal trono e sentenziò:

- L’ uovo è regolare potete prendere il trofeo.  E si risedette tra gli applausi.

Sally sfilò quello che restava delle culotte di Jennifer e le alzò al cielo insieme all’uovo in segno di trionfo, poi si inginocchiò nella sua postazione subito raggiunta dalle sue vallette.

Ora toccava a loro... Susan e le altre due entrarono nell’ arena e raggiunsero Jennifer che per regolamento non poteva alzarsi da terra,  la finirono di spogliare, poi la sollevarono di peso e la portarono verso  quello che ormai tutte chiamavano

“ l’ inculatoio “. 

Le vallette del principe le aiutarono a salire i tre gradini del trono.

L’ inculatoio era un cavalletto di velluto rosso con le gambe di metallo dorato riccamente scolpite a zampa di leone.

Poteva ospitare una sola ragazza  ed era a fianco del trono.

Era fatto in modo che la ragazza legata sopra, avesse le natiche e le pudende completamente accessibili e posizionate più in alto della testa.

Un meccanismo a vite, azionato da una manovella,  permetteva di allargare  o chiudere le gambe  a  piacimento e anche l’altezza del corpo e di conseguenza quella  degli orifizi, poteva essere variata con un'altra manovella; in qualsiasi momento anche durante la monta.

Jennifer fu scaricata sopra bocconi… come un sacco di patate sul dorso di un somaro.

Mani addestrate le imprigionarono le caviglie  e le ginocchia con dei cinghioli di cuoio… un'altra cinghia fu allacciata all’ altezza delle reni…

Non si ribellava … aveva gli occhi socchiusi le sembrava di vivere un sogno…

Sentiva il freddo della cinghia di cuoio che le premeva la schiena…  le sembrava di guardare una scena al teatro… come se la protagonista non fosse lei.

Le presero i polsi… lei lasciò fare… non oppose la minima resistenza.

La stavano tirando…  guardò nel torpore…li aveva dentro ai braccioli… cosa diavolo voleva che facesse di più…

La tiravano ancora… aprì gli occhi… ebbe un sussulto.

- E’ scappata !

- Cosa??

- Miss non so come abbia fatto. Le disse in un sussurro.

- Ma… dove ???

Mentre legava l’ altro polso le si avvicinò all’ orecchio e sussurrò.

- non lo so miss… ho guardato dappertutto

- Devi assolutamente trovarla hai guardato nella…

Si rese conto che Susan ormai non la ascoltava più, si era alzata e stava facendo un inchino in direzione di sua signoria.

Ormai si era destata… era stata strappata al torpore allucinato di prima, adesso era perfettamente cosciente.

Senti la voce imperiosa dell’uomo che  dava ordini.

- Arroventatele ben bene le chiappe e mettetele pochissimo olio, non mi è piaciuta per niente, voglio farla starnazzare come un oca.

- Come comanda Milord. Disse Susan con un inchino.

 

Senti il borbottio sordo della vite senza fine che girava… le sue caviglie si allontanavano inesorabilmente l’una dall’ altra i suoi orifizi ormai erano esposti agli occhi di tutti.

Le mani fredde di una delle sue assistenti le bagnarono di olio l’interno della fessura…

Un dito la penetrò nel didietro… un fastidioso bruciore la avvertì che, con così poco olio, da li  a poco, avrebbe sofferto molto.

La vite riprese a girare, ma in direzione opposta.

La stavano mettendo in posizione di punizione.

Le caviglie ora si stavano serrando.

Gli orifizi per il momento erano spariti tra le pieghe delle carne, ma certo non era un gran sollievo.

Susan aprì il cassetto situato nella base metallica del cavalletto e una panoplia di strumenti di correzione comparve agli occhi di Jennifer.

Era sempre un brutto momento, nonostante ci fosse passata altre volte, non riusciva ad abituarsi a quella vista… distoglieva sempre lo sguardo ogni volta che le capitava.

Non aveva bisogno di guardare.

Milord detestava le natiche fredde a contato con il suo ventre, e di conseguenza colei che era preposta ad accogliere la nobile verga, veniva adeguatamente scaldata a suon di sculacciate con un paddle di legno di quercia.

Veniva battuta solo su quello che, al castello in gergo, ormai veniva da tutte chiamato il “ sedile”  cioè quello cha va a contato con una sedia… la parte alta delle cosce e la parte bassa delle natiche.

Un colpo di gong risuonò per la stanza.

Ci fu del trambusto, le combattenti rientrarono sul tappeto… mentre le ancelle si risedettero al loro posto... tutte tranne Susan con il paddle in mano ed una ancella che cominciò a slacciare le brache di Milord.

Il grido di Jennifer sarebbe stato il segnale della ripresa del combattimento.

In quegli attimi di caos Susan si avvicinò all’orecchio di Jennifer e sussurrò…

- cercherò di fare il più piano possibile… ricordatevelo dopo però…

Milord fece un cenno e… Susan calò il primo colpo.

Jennifer presa alla sprovvista ebbe un sussulto ma non gridò, le sfidanti rimasero ferme al loro posto interdette.

Ci fu un grande imbarazzo ed un silenzio glaciale.

Susan si inchinò e blaterò delle scuse poi  rialzò il paddle e calò un fendente fortissimo.

Questa volta proprio non avrebbe potuto non gridare… infatti un grido straziante risuonò per la stanza ed il combattimento poté ri-iniziare.

Nella stanza vi era un grande orologio a pendolo completamente d’oro.

Era lui che scandiva i tempi della  contesa ed era lui che scandiva i tempi della punizione.

Le lancette normali, delle ore e dei minuti qui avevano un valore secondario, quella che contava era la lancetta sottile dei secondi.

Ogni volta che passava sulle 12 un violento impatto risuonava per la stanza subito seguito da un grido di dolore.

Era talmente diabolico che chiunque legata sul cavalletto non poteva fare a meno di fissarlo ipnoticamente… infatti era fatto divieto assoluto alla corrigenda di stringere o di appiattire le natiche nella seconda metà del quadrante. Nella prima metà poteva fare ciò che voleva sussultare… contrarre… roteare le natiche ma, nella seconda no .

Passate le 6 doveva fermare i singulti e protrarsi verso il nuovo colpo che sarebbe arrivato inesorabile.

A chi non obbediva veniva applicato il “ ragno ” .

 

La cosa peggiore però era che, la corrigenda sapeva esattamente quando aveva cominciato a soffrire,  ma non sapeva quando avrebbe finito.

La sua punizione terminava solo quando sua signoria si sarebbe degnato di penetrarla.

Milord non aveva un tempo preciso… seguiva il combattimento nell’ arena… poi quando era abbastanza eccitato si alzava e sodomizzava la corrigenda.

Le meglio informate dicevano che quasi mai accadeva prima della terza o quarta eliminazione.

Nell’ arena, dopo il primo grido , tutto ciò che accadeva sul palco del trono veniva letteralmente ignorato.

Ognuna pensava per se.

Tutte erano impegnate;  chi a difendere il proprio uovo… chi a seguire le mosse della atleta  a cui erano state assegnate.

Le grida provenienti dal palco venivano semplicemente ignorate… appartenevano a qualcun’ altra.

Quando le atlete erano dispari il combattimento durava sempre molto di meno perché

Qualcuna,  per forza di cose, veniva attaccata da due avversarie.

Spesso vi erano delle alleanze momentanee, spesso consolidate dall’ amicizia ,

il più delle volte però succedeva del tutto in maniera  casuale.

La ragazza che portava la fascia verde, una biondina di origine scozzese, dopo pochi minuti ( Jennifer aveva gridato solo 4 volte )  si ritrovò in mutande. subito fu circondata da mani bramose.

Gettata a terra fu rivoltata di forza e spogliata violentemente. Pochi secondi di confusiane totale… spintoni grida… gomitate poi una mano si alzò in segno di vittoria con un uovo in mano.

Il gong interruppe l’ incontro.

Si ripetè la medesima scena di prima.

Le atlete lasciarono il tappeto e le ancelle sciamarono verso le loro assegnate.

Ci fu un momento di confusione totale… solo sul palco tutto continuava come prima.

Susan aspettò che la lancetta superasse le 12 poi calò un altro colpo di paletta sulle chiappe ormai rosse di Jennifer.

La vittoria fu confermata da sua signoria.

La biondina scozzese fu sollevata  di peso e scaricata bocconi  su uno dei divanetti sul lato sinistro del tappeto.

Fu legata con le natiche rivolte verso milord.

L’ ancella preposta prese una canna di bambù e si mise in attesa.

Ci fu un colpo di gong e tutte le atlete superstiti ritornarono sul tappeto.

Sul palco Susan non si era mai fermata ma adesso, dopo il gong, tutte guardavano verso di lei. Il prossimo colpo non sarebbe passato sicuramente inosservato.

Non appena la lancetta superò il 12…

calò l’ ennesimo fendente, il grido non si era ancora spento che giù le atlete si stavano azzuffando di nuovo.

L’ ancella a fianco  della biondina alzò il braccio pure lei e quando la lancetta passò sopra al 6 calò il suo primo colpo.

Le grida delle due corrigende risultavano così sfalzate di mezzo minuto.

L’incontro procedeva in una situazione di parità e come succedeva spesso si protraeva a lungo.

La biondina aveva gridato già una decina di volte senza che fosse successo niente di particolarmente rilevante.

Poi per quegli strani giochi del destino due atlete si rubarono la gonna a vicenda e rimasero entrambe in mutande.